Mobilità maceratese? Ve la racconta chi la vive sulla propria pelle

Da semplice cittadino, ho deciso di spendere qualche parola per l’ennesimo “spot figurativo” del Comune di Macerata che, a quanto pare, ha deciso di promuovere una mobilità diversa (attenzione, non sostenibile ma diversa) nel nostro contado cittadino e periferico.

Ho la fortuna, per motivi lavorativi, di frequentare ogni giorno il Rione Marche e di vivere nel nuovo quartiere Vergini. Tralasciando l’utilità o meno dei sensi unici “imposti” in questi giorni, mi vorrei soffermare sul modus operandi di questa amministrazione.

 

Rione Marche

Nel Rione Marche è stata chiusa, in un solo senso, una parte di via Urbino così da non poter più avere l’accesso in entrata al quartiere, per permettere – così dicono – all’autobus di transitare senza problemi. Ma chi ha necessità di entrare deve, obbligatoriamente, prendere altre strade. Gli unici accessi, ora, sono da via Marche (un ponte sotto la ferrovia con un semaforo) e da via Weiden (proseguendo su via Ancona). Il primo accesso è complicato a causa della curva ad U in immissione, del risicato passaggio sotto al ponte della ferrovia, del semaforo e di numerose strettoie, per non parlare del fatto che bisogna affrontare il traffico cittadino per arrivarci; il secondo sembra l’unica soluzione, anche perché una volta affrontato il senso unico di via Urbino con obbligo di inversione di marcia non si deve far altro che immettersi nuovamente su via Mattei, girare su via Pesaro (la strada per il Tribunale per intenderci) e imboccare via Weiden. A questo punto ci si rende conto che non esiste nessun progetto di città, nessuna seria programmazione, nessuna idea generale di intervento. Le condizioni in cui versano il manto stradale e la segnaletica orizzontale di via Ancona sono a dir poco raccapriccianti. L’asfalto è profondamente sconnesso, nessuna linea bianca di delimitazione della carreggiata, solo strisce pedonali accennate senza scivoli per disabili tra le suddette e i marciapiedi e uno stato di abbandono circostante che ha dell’incredibile e le foto sono lì a testimoniare.

via Ancona

Quartiere Vergini

Nella stessa situazione, se non fosse chiara la mancanza di “visione della città”, versa via Vergini nel nuovo quartiere. Quando ci si trova davanti la transenna e il divieto di accesso a salire su via Falcone si è costretti o a tornare indietro e immettersi di nuovo su via Bramante (aggiungendo traffico ad una strada dove non manca mai…) per accedere al quartiere dalla Chiesa delle Vergini o a proseguire in via Rocco Chinnici, costeggiare gran parte del lotto su cui dovrà sorgere la nuova scuola (anche questo un progetto con delle lacune mostruose) e immettersi su Contrada S. Maria delle Vergini. La situazione su questa strada è peggiore di quella di via Ancona: buche sul manto, illuminazione assente così come la segnaletica verticale e orizzontale, banchine laterali con dislivelli e fondi diversi. Insomma, un disastro! come le foto testimoniano.

via Vergini

Il cartello invita a prendere i biglietti… lontano!

Nel nuovo quartiere Vergini (come del resto nel Rione Marche) la nuova viabilità è stata realizzata per permettere il passaggio dell’autobus. In primis, quando si è iniziato a costruire, il quartiere doveva essere modello per altri scenari abitativi e l’autobus interno non era contemplato (c’è uno stop davanti alle strisce pedonali in ingresso su via Falcone per dare precedenza ai pedoni) e da progetto risultavano molti posti auto vicino alle abitazioni, così da permettere ai residenti di vivere in una zona con alto abbattimento acustico e ampie aree verdi. In secundis, cosa ancora più grave, l’autobus non si ferma davanti all’unico agglomerato commerciale del quartiere che ospita un bar-tabaccheria, un’alimentari, una pizzeria, un centro stampa, uno studio di fisioterapia, un doposcuola e centro ludico per bambini, un centro danza e svariati esercizi professionali.

In aggiunta, nel cartello con gli orari dell’autobus installato vicino alla Chiesa delle Vergini, sono riportate le rivendite di biglietti urbani più vicine (si fa per dire…), senza fare minima menzione del bar-tabaccheria a 50 metri di distanza ma rimandando i fruitori a CORSO CAIROLI!

Difetti “cronici”

Sono stato sempre convinto del fatto che i cambiamenti siano difficili e, per quanto si possano reputare giusti, si è costretti a vagliare tutte le sfaccettature possibili per creare meno malumore possibile. Questo si può realizzare unicamente con un progetto ragionato che potenzi le carenze da un lato e sviluppi servizi migliori dall’altro e, una volta creato questo substrato, occorrerebbe procedere alla realizzazione dell’idea iniziale. In questo modo il cittadino interessato dal cambiamento sarebbe coinvolto partecipando alle decisioni così da non farle sembrare cadute dall’alto e attivando così un circolo virtuoso di condivisione e partecipazione.

Non possiamo sempre dare la colpa ai soldi che non ci sono!

Se tutto questo verrà fatto (e chi vi scrive se lo augura), sarà sempre fatto DOPO, dimostrando in ogni caso che c’è una superficialità e un pressapochismo cronico nel realizzare le cose (magari anche necessarie), una programmazione degli interventi quantomeno discutibile, e una mancanza di comunicazione tutt’altro che “sostenibile”

Roberto Spaccesi

8 gennaio 2018

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