È in corso, dal 22 ottobre fino al 21 gennaio 2018, la caccia al cinghiale, che semina danni nei campi e auto rotte sulla strada per la gioia dei carrozzieri. L’anno scorso le squadre di cacciatori di Sarnano, Pian di Pieca e San Ginesio, estasiate da questa sorta di caccia grossa, ne abbatterono a centinaia (sempre primi i sanginesini). Quest’anno un finto miracolo: sono di meno. Stanno ammucchiati nel Parco Nazionale dei Sibillini per difendersi dai lupi che, per non rischiare la pelle, preferiscono pecore e caprioli, più miti dell’ungulato. Non puro e tanto prolifico, fu introdotto dall’Ungheria per un miope esperimento a Pievebovigliana. In pochi anni dai Sibillini è arrivato al mare, grazie alle macchie che hanno riconquistato torrenti e colline. Ho visto il primo cinghiale a Serrone di San Ginesio, ma appeso alla parete come trofeo imbalsamato (a Tolentino) della prima cacciata di Giancarlo 18enne (oggi capocaccia). I cinghiali però lo vendicarono. Uno di loro, in agguato, si accorse una sera che il giovane toglieva la corrente intorno al campo di mais per la trebbiatura del giorno dopo. La bestia irsuta fece un fischio alle tribù di Bracagnone e per tutta la notte fu bisboccia, spezzando e non raccogliendo nemmeno un “tòtolo” (tutolo in italiano) da terra. Ci volle una settimana intera per raccogliere i resti e poi scartocciare. Nel 2013 disegnai la china che sta appesa, quasi esotica, nel salone di mia figlia Patrizia in Ohio mentre, sul prato della sua casa stile ranch, decine di cervi e coppie di scoiattoli creano quadri autunnali tra le foglie degli aceri e platanoidi, tinte di un rosso e arancio incredibili.
Vermiglio Petetta
7 gennaio 2018