L’aggirarsi, nel 595 d.C. di un finto Cristo, al di là del racconto, pone interessanti quesiti che gettano una luce sempre più nuova e più forte sul passato del territorio Piceno.
Anni 595 di Christo – di Gregorio 6 – di Mauritio Imperatore 10.
Questo anno stesso annoverato da Gregorio Turonense il sesto decimo di Childeberto, e trentesimo di Gunteramno, amendue Re di Francia, il demonio eccitò in quelle parti un falso profeta, dal quale moltissimi sedotti furono, come narra l’autore così scrivendo: e tagliando legna in una selva certo huomo di patria Bituricense, fu attorniato per opera del demonio da uno sciame di pecchie (api), e appresso tenuto per matto, due anni: dopo li quali, trapassando egli le città vicine, n’andò nella provincia Arelatense, ove vestito di pelli orava come se stato fusse religioso, e mouvendolo il maligno spirito a indovinare, egli per fare nelle scelleratezze processo maggiore, quelle contrade lasciando entrò nella Gabalitana, vantandosi d’essere Christo e prese in sua compagnia una certa femmina, come se gli fusse sorella, e chiamolla Maria.
Miracoli, preghiera e doni
Concorreva a esso moltitudine di popolo, mettendogli avanti gl’infermi, ed egli toccandogli tal’hora li curava, e quelli che andavano da lui, gli portavano oro, argento, e vesti: le quali cose egli per più agevolmente ingannare l’animo degli incauti dispensava trà poveri, e gittatosi in terra dava a vedere di far con la predetta donna oratione, e quindi levatosi si facea adorare da’ circostanti. Prediceva delle cose future, e ad alcuni infermità, ad altri diversi danni, ma a pochi la salute, e tutte queste cose il malvagissimo adoperava con arti diaboliche.
Minaccia i Vescovi che lo fanno uccidere
Egli trasse in errore un moltitudine immensa di popolo, e non solamente d’infima conditione, ma etiandio sacerdoti, e seguitavanlo tremila persone, e più. Intanto e’ cominciò a spogliare e predare i viandanti, dando le spoglie a chi non ne haveva, e minacciava la morte a’ vescovi, a’ cittadini, li quali havedolo a vile, e spregiandolo, ricusavano d’adorarlo. In ultimo egli voleva co’ suoi guerreggiare Aurelio vescovo Bellovacense, ed havea già inviato avanti se’ alcuni, li quali cantando ignudi, e giucando annunziavano il suo vicino avvenimento, quando il vescovo stesso in maraviglia grande venutone mandò da loro alcuni prodi huomini, dimandando che volessero tali cose significare: ed in quello sopravenendo il falso profeta, un di loro si chinò, come se gli volesse baciare le ginocchia, e comandando l’empio, che fosse preso, e spogliato, egli sfoderata incontanente la spada, lo tagliò per minuti pezzi, disperdendosi tutti gli altri, che l’accompagnavano; e Maria posta nè tormenti scoperse i prestigi di lui. Nientemeno i suoi seguaci non si rimasero della loro perfidia, e pertinacia, tenendo l’ucciso ingannatore per Christo, e l’istessa Maria per parte della deità. Senza di che si levarono con danno grande per tutta la Francia molti, che s’aggiunsero con prestigiose apparenze alcune donnicciuole, le quali andavano dicendo loro essere santi. E di essi noi n’habbiamo veduti molti, e ci siamo anche ingegnati, sgridandoli, di ritrargli dell’errore.
Indizi nel Piceno
Il motivo per cui riportiamo questa storia, a parte la curiosità della notizia, è un indizio. Se nel 595, agli albori dell’ascesa della religione cristiana, a un uomo viene in mente di dichiararsi Gesù e come Gesù mettersi a predicare, nel luogo dove egli vive questo culto deve essere già presente con tanto di immagine di riferimento cui ispirarsi. Non esistendo nessuna descrizione di Gesù e nessun ritratto, al di fuori dell’aspetto suggerito dalla Sacra Sindone, è logico supporre che dove il culto è più forte la Sindone sia stata vista e copiata. Nelle Marche o meglio nel Piceno la sua venerazione è molto forte, più che in altre zone d’Italia (eccetto Torino), le numerose raffigurazioni presenti nelle chiese lo dimostrano. Il Santo Volto di Manoppello non è lontano, c’è poi da citare l’extractum ab originali di Arquata, e ancora la casula di San Thomas Becket a Fermo, che lo studioso Giovanni Rocchi suppone sia il telo che custodiva la Sindone ripiegata. La ricercatrice Simonetta Torresi nel suo tomo “II+II” ipotizza che la città francese Arles capitale dei Burgundi sia una moderna translatio di quella originale, situata ad Arli di Acquasanta Terme. Nel racconto trascritto sopra, guarda caso, il matto del 595 predicava in “provincia arelatense”.
Una prova della presenza burgunda nel territorio maceratese-fermano? I ritrovamenti fortuiti, nel 1950, di due scheletri con teschio dolicocefalo a Fermo (Boccanera – La necropoli di Fiastra): era usanza di Unni e Burgundi di ceto alto fasciare la testa fin da piccoli per dare la forma allungata al cranio.
(La foto del Gesù di Torino è tratta dalla pagina facebook “Jesus in Turin” per gentile concessione dell’autore Nicola Malnato)
Simonetta Borgiani
30 novembre 2017