Macerata omaggia un artista: la mostra di Silvio Craia

Mi piace immaginare il gaudio, il tripudio, la festa di Silvio Craia, quando, a seguito della sua mostra antologica sviluppatasi in più luoghi, tra cui, centrale, Palazzo Buonaccorsi, si è sentito proporre dai tre  curatori (Maria Vittoria Carloni, David Miliozzi e Giuliana Pascucci ) di allestirne una sezione presso l’Ecomuseo nel  quartiere delle case di terra di Villa Ficana. Aver potuto prendere possesso, sia pure in modo virtuale, di un borgo tanto ricco di memoria nostrana, quella popolare, della vita semplice, di artigiani, cucitrici, massaie, ecc. che si organizzavano a vivere in modo semi-autarchico, costruendosi le proprie suppellettili, i pagliericci per dormire, il prete e la monaca per riscaldare il letto in inverno, il filarello e il telaio per tessere lenzuola. scialli e quant’altro. Di quegli attrezzi, come dei cerchi delle botti, del cavalletti fatti di olmo per stringere e lavorare il ferro e il legno, delle immagini sacre entro misere cornici da appendere alle pareti a protezione della casa, del lavoro, della salute, di quegli oggetti, dicevo, Craia ha fatto da sempre strumenti di memoria, di pensiero, di gusto estetico elevandoli a un livello concettuale e poetico più alto e pregnante. E dunque, trovarsi lì, stendere le sue tele, montare le sue idrologie, affiggere ai crocicchi  gli ammassi di parole e i cascami di stampe come lenzuola al sole, dev’essere stata per lui una vera pacchia. Chissà se i visitatori “colti” che hanno ammirato la sua pittura, chiarista e poi informale, e poi dissacrante e dadaista e infine “formidabile!” esposta a Palazzo Buonaccorsi o alla biblioteca Mozzi Borgetti, avranno avuto la sagacia di spingersi a Villa Ficana per visitare quella straordinaria “appendice”, che forse, più ancora delle altre sezioni della mostra, spiega la poetica, apparentemente stramba, ma in realtà piena di buon senso e di poesia, che l’artista ha perseguito da almeno quarant’anni? Se lo avranno fatto, certamente avranno potuto capire molte cose del lavoro di Silvio Craia. E forse, imbattendosi in qualche sua opera lievemente criptica, per la quale in altri tempi si sarebbero chiesti: “Che significa?”, potranno risparmiarsi, oltre che la domanda, quel sorrisetto malizioso, assolutorio ma in realtà di sufficienza, che in  passato  si sarebbero lasciati sfuggire.

Lucio Del Gobbo

29 novembre 2017

 

 

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