Di norma i ritrovamenti durante gli scavi sono occasionali e poco prevedibili, ma nella piana di Colfiorito la possibilità di imbattersi in antiche costruzioni e necropoli è altissima.
Ruspe e archeologi insieme
Pertanto, durante i lavori di costruzione della “Quadrilatero” negli anni 2009/2012 le ruspe sono state sempre affiancate da archeologi: per il tratto marchigiano, l’appalto è alla ditta CORA, per il tratto umbro alla Cooperativa Archeologica di Firenze, con la supervisione in collaborazione delle rispettive soprintendenze archeologiche di Marche e Umbria. Dopo una prima fase di esame stratigrafico mediante carotaggi, e sminamento con metal detectors, alla ricerca di eventuali residui bellici inesplosi, gli archeologi si sono occupati del controllo mezzi meccanici, in tutti i lavori a cielo aperto (con esclusione cioè dei lavori di realizzazione delle gallerie) e per una profondità pari a quella di scavo, perciò nel caso di evidenze più in profondità, queste prevedevano il rinterro senza ulteriore scavo, e solo nel caso di ritrovamenti particolarmente significativi si sono fatte ulteriori indagini più sotto.
Una diga mai costruita
L’area che ha dato più sorprese è stata quella del versante di Foligno, descrivibile come l’apertura di una finestra sul passato: che nell’antichità l’altipiano fosse ricco si sapeva, ma non così tanto come si è rivelato. I primi indizi si ebbero già nel 1700 quando Papa Clemente XIV, appassionato di storia, avviò le prime campagne di scavo, confrontando i ritrovamenti con le fonti letterarie. Grazie a questo, negli anni ’70 del 1900 è stata impedita la realizzazione di una diga che avrebbe sommerso tutta la piana. Fino al 2009 le scoperte più significative erano il tempio di Cupra, e la necropoli plestina di 250 tombe, studiati dalla dottoressa Laura Bonomi Ponzi che ha anche curato l’allestimento scientifico del museo di Colfiorito.
Due gentes: Etrusca e Plestina/Umbra
In questo studio la dottoressa Ponzi divise le tombe in due distinti gruppi di gentes: una Etrusca, e una Plestina/Umbra. Le sepolture erano disposte in modo circolare, generazione dopo generazione, a partire dall’VIII secolo a. C. e dai corredi funebri trovati emerge chiaramente la presenza di una società di tipo matriarcale: nelle tombe maschili gli oggetti sono sia in numero che in valore più modesti; le donne erano ornate di fusaiole, fibule, spiralette ferma trecce, ambra, perline di vetro, oggetti non tutti provenienti dal territorio, ma da nord Europa e Asia, a dimostrazione che il luogo era uno scalo merci importante, un crocevia di rotte commerciali, di vie di comunicazione.
Nel VII sec. a.C. insediamenti collinari
Sono del VII secolo a. C. gli insediamenti collinari, piccole città con fossato difensivo, piazza del mercato, basilica (luogo politico), tempio della divinità principale. Qui le tombe maschili hanno un corredo ricco al pari delle femminili, i corpi sono deposti in posizione supina con armi impugnate, segno di prestigio e potere, simili a quelle ritrovate a Gualdo Tadino, a Terni, a Spoleto, a Gubbio. Alcuni manufatti sono tipici della zona di Rieti, che insieme con il culto delle stesse divinità confermano contatti tra queste due zona; nelle tombe femminili monili in bronzo, esemplari unici di vasi a 4 anse, vasi falisci, aghi e fusaiole.
La tomba principesca
Ad Annifo, durante i lavori di realizzazione di un campo sportivo, fu ritrovata una tomba principesca, con resti di un carro, brocche per l’acqua in bronzo, bacili, spiedi, grattugia per il formaggio, oggetti in impasto buccheroide, numerose olle per derrate alimentari giunte intatte con particolare decorazione tipica plestina, contenenti roveja, farro, grano, con timbro originale dell’artigiano produttore, bicchieri per decime… oggetti per l’arte del banchetto e per la mescita del vino, che trovano corrispondenza con quelli minuziosamente descritti da Omero nei banchetti dell’Iliade. La differenza è che in Grecia c’è la schiava che serve a tavola cibo e vino, invece qui la donna partecipa ai banchetti! La varietà e abbondanza di oggetti di fattura etrusca, greca, picena, plestina, suggeriscono oltre al contatto tra queste etnie, che si trattasse di famiglie di una sorta di “aristocrazia di provincia”: l’oggetto più prezioso trovato è un solo anellino in argento.
La sorpresa: le tombe dei ricchi Piceni
Ma ecco la sorpresa: tornando alla Ss77, durante gli scavi per costruire la rotatoria a Colfiorito nel luogo popolarmente chiamato “Casetta di Momo”, sotto una rimessa attrezzi sono state riscontrate anomalie del terreno; in quel luogo sono state trovate 75 tombe, non disposte a cerchio, e veramente ricche nel senso della parola: una con tre carri a tre ruote pieni di corredi funebri, oggetti in oro, tombe infantili altrettanto riccamente corredate, segno non solo di prosperità ma di un senso più elevato di civiltà, che non getta via il corpicino ma lo eleva, lo considera al pari di un adulto. Siamo ancora nel VII secolo a. C., e questi sono i segni dell’etnia mancante: i Piceni, l’altra civiltà che coesisteva ma aveva rituali diversi.
I reperti esposti sono l’1% di quelli recuperati
La Quadrilatero ha donato 5000 euro per il restauro di alcuni oggetti recuperati, che ora sono nelle teche del Museo Archeologico di Colfiorito, e costituiscono la centesima parte degli oggetti ritrovati: gli altri sono ancora chiusi dentro scatoloni nei magazzini di Perugia, in attesa del restauro al momento non possibile per una “cronica” mancanza di fondi (tra i reperti anche un paio di anelloni piceni).
Il museo è un gioiello solo per 6 mesi l’anno…
Il museo stesso resta chiuso 6 mesi l’anno per lo stesso motivo: mancanza fondi per la gestione e per il personale. Un gioiello la struttura, inaugurata nel 2011, e unici i tesori che custodisce: dopo il risalto mediatico avvenuto del 2014 con iniziative e conferenze, sta andando verso l’oblio proprio ora che c’è bisogno di rilanciare il territorio dopo il terremoto, di sollecitare ulteriori indagini e di divulgare le scoperte. Gli operatori hanno entusiasmo e passione, ma senza l’aiuto delle Istituzioni, senza la loro consapevolezza dell’importanza rivestita da queste NOSTRE ricchezze, il futuro sarà un precipizio dritto nell’ignoranza, come rimettere tutto sotto terra, dimenticare ancora una volta chi siamo stati e ripartire da un “homo smartphonis” che di strada ne farà sicuramente poca.
Info: 0742.681198 – 330584
museotrinci@comune.foligno.pg.it
Simonetta Borgiani
Foto F. Pallocchini
19 ottobre 2017