Il termine “psiche” nasce nell’antica poesia greca. Omero la concepì come soffio vitale (dal greco anemos ) che caratterizza ogni singolo individuo e che abbandona il corpo con il giungere della morte. Anche Platone riafferma, nei suoi “Dialoghi Socratici”, che la psiche (anima) è una entità autonoma in grado di sopravvivere alla morte! La psiche è il centro dell’elaborazione mentale interiore. Il suo aspetto trascendente lo troviamo nelle tradizioni religiose in cui l’anima contribuisce a vivificare il corpo. Qualcuno potrebbe obiettare che la trascendenza della psiche non è dimostrabile scientificamente e quindi è un atto di pura fede (teoria delle stringhe – La rucola n° 212 – http://larucola.org/2016/03/23/la-teoria-delle-stringhe). Ma a far fronte a tale obiezione concorrono alte tradizioni metafisiche e filosofiche, secondo cui la psiche sarebbe in grado di uscire dal corpo e anche di ritornarvi. Questo preludio è sempre, in sintesi, il riferimento all’importanza che ha avuto la poesia greca, come cuore e anima della nostra cultura. E anche se i lettori si annoieranno a leggermi, io insisto, affinché qualcuno provi ad ascoltare, nell’interno di sé stesso, la voce della poesia che chiede di uscire, di nascere. Le ultime due poesie che ho scritto sono nate da una inquietudine che mi serpeggiava nella “psiche”. Dopo averle vergate… mi sono tranquillizzata! Ascoltatevi!
Fulvia Foti
Lei c’è
di Fulvia Foti
Non puoi toccarla
né vederla
né immaginarla:
ma lei c’è
Puoi fingere di nulla,
finché la grazia del tempo
te lo concede…
Ma tu, di nascosto
dentro di te
sai che ti segue
e ti chiedi
quanti saranno
gli innevati inverni o
le variopinte primavere
ch’essa ti concede.
E ti ritrovi
tuo malgrado,
a mettere un
immaginario segno
nella falsa memoria…
Come fosse uno scherzo
di leggiadra fanciulla.
Ma lei c’è!
15 ottobre 2017