A Treia si è parlato di Sindone, venerdì 15 Settembre, presso la chiesa di San Filippo che, unica agibile, si presta sia alle funzioni religiose che agli eventi culturali. Tra il pubblico numeroso e attento il Sindaco Franco Capponi, alcuni rappresentanti del convento del SS. Crocifisso di Treia, il parroco don Gabriele Crucianelli. Il Presidente dell’Accademia Georgica di Treia, prof. Carlo Pongetti, ha presentato i due autorevoli ospiti: il prof. Gian Maria Zaccone Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia, e il dr. Ing. Massimo Rogante, membro del Comitato Scientifico della stessa istituzione.
L’Ingegner Massimo Rogante ha spiegato nel modo più comprensibile possibile cosa si è fatto, e cosa si potrà fare per capire come e quando la Sindone è stata realizzata.
Come noto, un campione diviso in tre parti fu analizzato in tre laboratori diversi nel 1988, in particolare fu eseguita l’analisi del radiocarbonio (Ca-14) che come risultati dette una datazione al telo compresa tra il 1260 e il 1390. Oggi quell’esame si ritiene non del tutto attendibile, dal punto di vista scientifico, in quanto si prendono in considerazione molte variabili trascurate, da associare a metodi di analisi innovativi, alcuni di questi attualmente in sperimentazione.
Per esempio, il campione usato potrebbe non essere parte del tessuto originale, quindi sarebbe opportuno ripetere la datazione radiocarbonio su più campioni presi da lembi diversi del telo, questi campioni oggi sappiamo che oltre ai danni dovuti ad un incendio, sono stati soggetti ad altri eventi che ne condizionano la datazione: carbossidazione, contaminazione da pretrattamento, da muffe, funghi, insetti, pollini, particelle intrappolate tra le fibre, unguenti come aloe e mirra. Poi si potranno fare studi fotografici, come microfoto a colori, studi radiografici, analisi chimiche, con le relative analisi computerizzate.
Ciò che si sta sperimentando ora, sono tecniche neutroniche per investigare i tessuti, analisi della struttura molecolare e della tessitura cristallografica, usando campioni provenienti da mummie egizie dai musei di Torino e Bologna, comparandoli con tessuti moderni di trama e ordito più possibile simili al telo sindonico. I risultati sono dei frattali, formule matematiche che mostrano l’ evoluzione delle proprietà strutturali dei materiali di lino rispetto alla loro età, con un comportamento tipico: dopo un periodo di stabilità, cioè di buona conservazione per un certo numero di anni, inizia un decadimento di tipo esponenziale, con trasformazione della densità del tessuto. Con questi risultati di riferimento, un futuro campionamento di sindone non dovrebbe avere più segreti. Ciò che oggi è certo: 1) volendo riprodurre la sindone, le tecniche di attuali non consentono di creare una immagine intera di quelle dimensioni; 2) le stime la datano più vecchia del 1300; 3) non è un dipinto, non ci sono pigmenti colorati applicati sul lino. Conclusione: per la scienza non si hanno risultati certi e la ricerca rimane aperta.
Il professor Gian Maria Zaccone interviene per il punto di vista storico, che si affianca a quello scientifico mediante lo studio dei documenti, dell’iconografia, del valore politico-culturale nei secoli. In effetti la Sindone non è semplicemente un lenzuolo in lino a spina di pesce delle dimensioni di mt. 4,41×1,13, con impronte dovute alle sue vicissitudini; è soprattutto l’impronta del cadavere di un uomo di fronte e di spalle che porta in evidenza una serie di lesioni caratteristiche, che corrispondono esattamente alle descrizioni dei vangeli, e già questo conferisce un’alta probabilità di autenticità, anche se non la certezza.
A partire dalla prima foto scattata nel 1898 la questione autenticità è diventata una sorta di ossessione, che copre il reale significato: sapere da dove viene e sapere se effettivamente il lenzuolo è autentico è un problema scientifico che, a prescindere dalla fede, riguarda un oggetto incredibile di studio, ma non si deve dimenticare che di Gesù non ci sono descrizioni fisiche e immagini, la sindone rappresenta un punto di arrivo di quello che per i credenti è stata fin dall’inizio del suo culto: la ricerca del volto di Cristo. Ogni rappresentazione di Gesù è confrontata con la Sacra Sindone, e chiaramente ispirata a essa. Si deve pertanto riconoscerne il valore e avere rispetto di una reliquia dai forti contenuti culturali, sociali, economici e, soprattutto, comprenderne la potenza perché trasmette le stesse emozioni e gli stessi interrogativi da più di duemila anni a tutte le generazioni che l’hanno vista, posseduta, nascosta, trafugata, venduta, donata, custodita.
Per contestualizzare qualcosa che sembra lontano da noi, non possiamo esimerci dal sottolineare che la venerazione della Sacra Sindone nel territorio Piceno è stata nel passato forte come poche aree geografiche a eccezione di quella sabauda dove è custodita: in molte chiese è facile trovare la rappresentazione del Santo volto o della Sindone. Nel mondo ce ne sono molte copie (Extractum), sono dei disegni che appoggiati all’originale ne conferivano lo status di reliquia, da donare ai monasteri di clausura, ambasciatori, cavalieri dell’Ordine dell’Annunziata, diffusi grazie alla devozione particolare da parte dei Francescani. Ad Arquata c’è uno di questi “Extractum ab Originali”, certificata da una pergamena del 1° Maggio 1655, dove è riportato che, alla presenza di una commissione appositamente incaricata, un lenzuolo di lino di eguale misura fu stato fatto combaciare con il lenzuolo della Sacra Sindone, a seguito di questa operazione rimase impressa l’immagine del tutto simile all’originale. Non si menziona nella pergamena il sistema usato per ottenere la riproduzione né il luogo dell’operazione, sarebbe interessante effettuare anche su questo telo qualche indagine sia storica che scientifica.
Treia stessa merita qualche indagine, per la presenza di varie superstiti rappresentazioni del santo volto, menzioniamo il bassorilievo sul campanile della Santissima Annunziata (di cui La rucola ha già scritto in passato – http://larucola.org/2014/01/11/una-strana-somiglianza), e lo splendido Crocifisso che dà nome al Santuario francescano e risponde perfettamente all’iconografia sindonica nei tratti del viso: assomiglia fortemente al Volto Santo di Manoppello.
Simonetta Borgiani
Foto F.Pallocchini
17 settembre 2017