Sandro Petrucci era, in assoluto il più grande esperto di storia sarda. Iscrittosi alla facoltà di storia a Pisa non si decideva a sostenere il primo esame perché non si sentiva preparato avendo letto “soltanto” 20 libri sull’argomento. Andato a Barcellona, in Spagna, ad approfondire i suoi studi sulla storia della Sardegna entrava in biblioteca al momento dell’apertura e ne usciva alla chiusura mangiando, in tutto quel tempo, solamente una mela. Avendogli domandato del perché si fosse recato così lontano, con pazienza mi ha spiegato che gli Asburgo volevano tutti i documenti in triplice copia, una delle quali veniva mandata a Madrid: perso tutto in Italia, per conoscere una parte della storia italiana qualcuno, lui, doveva andare a cercarla in Catalogna. Morto il professore dell’Università che lo aveva individuato come un autentico “topo di biblioteca”, incapace di portare le borse, ha dovuto lasciare quel mondo per tornare a Macerata a insegnare alle superiori. La sua vita è continuata con lo stesso ritmo di studi anche se su altri argomenti. Un periodo ha approfondito l’insorgenza nelle Marche, movimento ignorato dalla storiografia ufficiale, che affronta la resistenza a Napoleone e alla conquista francese dell’Italia Centrale. Un altro periodo ha studiato Leopardi: da grande anticonformista, ha approfondito la vita di Monaldo, “coevo” e, in vita, più famoso del figlio, tutt’altro che bieco reazionario. Ricordo un episodio che Sandro mi ha raccontato, ridendo come non l’ho mai visto fare, riguardante il matrimonio dell’illustre recanatese Monaldo. Promesso a una ragazza di Pesaro, viene “accalappiato” dalla sorella del suo amico Antici che lo porta all’altare. La notte prima del matrimonio la madre, nonna di Giacomo, s’inginocchia davanti al figlio pregandolo di non sposarsi. In vecchiaia Monaldo Leopardi, ricordando questo fatto, commenta così: “I figli debbono dar retta ai genitori”. Durante alcune ricerche storiche, Sandro ha capito che mancava il quadro di un Vescovo maceratese; intuendo che fosse stato nascosto per salvarlo dalle razzie napoleoniche, lo ha infine trovato dietro un pesante armadio nella sacrestia del duomo di Macerata. Ha studiato e organizzato mostre su Padre Matteo Ricci, San Vincenzo Maria Strambi e Nazareno Strampelli. Una delle ultime volte che l’ho incontrato era molto contento perché da Rieti aveva avuto un documento non conosciuto sul famoso agronomo di Castelraimondo. Molte persone sbandierano i propri titoli accademici e le proprie fantomatiche conoscenze nelle riunioni di società: tutte le volte che mi congratulavo con Sandro per i suoi studi e per essere un grande storico lui invece si scherniva sempre. E alle riunioni dove ci si reca per fare carriera, tutti sanno che non si vedeva mai, perché la ricerca storica era il suo divertimento, la sua passione e non il suo lavoro.
(foto per gentile concessione di Andrea Mozzoni)
10 agosto 2017