In zona sismica c’è ancora una gran confusione

Nel cratere dell’Italia centrale le città sono divenute paesi, i paesi frazioni e le frazioni case sparse: una vera desolazione. Nei paesi sembra di essere in uno di quei villaggi nel Klondike o del Far West che sorgevano in fretta, durante la corsa all’oro, vicino a un fiume con pagliuzze del prezioso metallo o a una nuova miniera. Una volta esaurita la vena aurifera quegli abitati erano abbandonati a se stessi, diventavano fantasmi. Oggi lo sgomento si legge persino negli occhi dei gatti e dei cani, rimasti i soli abitanti di borghi tanto ammirati. Anch’essi, muti testimoni, si sono resi conto che qualcosa di gravissimo ha sconvolto e compromesso la loro esistenza. Più che sorridere, rattrista, ma osserviamo con occhi distaccati e ci renderemo conto che le pastoie della burocrazia, quando in casi di emergenza come questo non riesce ad avere l’indispensabile flessibilità, possono strangolarci e compromettere la ricostruzione. Quando la ricostruzione sarà andata a buon fine, ma gli abitanti-sfollati non saranno tornati perché delusi e disaffezionati, le scuole, i municipi, le chiese, e tutto il resto saranno “cattedrali nel deserto” e i sindaci avranno pochissimi cittadini e… tantissime pietre! Restiamo in argomento facendo qualche esempio. Il sindaco di un paese della zona sismica a una riunione pubblica arringa gl’intervenuti: “Non lamentatevi della situazione sui social network (che io non uso) e neanche sui giornali. Venite da me, io sono sempre qui da mattina a sera”. Poi incontrato, fuggevolmente, dice più sommesso: “Appuntamenti non li prendo, ma sono sempre qui!” Purtroppo quando ci si capita, è sempre impegnato: ha da accompagnare una delegazione giunta da lontano e… tanto altro, tutto improcrastinabile! Se vi siete rivolti a un legale per tutelare la vostra casa danneggiata o minacciata dal crollo di un edificio adiacente vi avrà risposto: “Finché è Zona Rossa, non si può fare nulla”. Spesso capita che i vicini, contattati per telefono, ripetano che hanno scritto o allertato formalmente il Comune appena dopo la prima scossa del 24 agosto 2016, ma non possono fare nulla, ora tutto dipende dalle decisioni e disposizioni municipali. Da parte loro i dipendenti dell’Ufficio Tecnico comunale, incontrati di sfuggita mentre corrono da un’incombenza urgente a un’altra, ripetono che devono essere i proprietari a mettere in sicurezza i loro edifici pericolanti. Tutti fanno a scarica barile. Quello che non è stato distrutto completamente dalla serie di eventi sismici e dal nevone potrà essere distrutto dall’acqua che filtra dai tetti squassati, dai quali sono scivolati via coppi e tegole, dalle crepe nei muri, dal vento e dagli altri eventi atmosferici… o da successive scosse! Concludiamo con una domanda rivolta agli esperti delle emergenze e della ricostruzione, sperando che qualcuno risponda. “A chi ci si deve rivolgere se si possiede una casa inagibile per cause esterne in Zona Rossa per far mettere in sicurezza gli edifici pericolanti adiacenti o vicini?”

9 giugno 2017

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