Vittorio De Sica a Macerata

Era una bella giornata primaverile del 1936; frequentavo il teatro della Filarmonica (Società Filarmonico-Drammatica) in occasione delle recite grazie alle mie conoscenze  tra i macchinisti e gli elettricisti addetti alle luci. Quella sera era in programma la commedia “Una dozzina di rose scarlatte” portata in tournèe per l’Italia dalla compagnia di un ancora semisconosciuto Vittorio De Sica. L’attore, per riprendersi dall’intorpidimento dovuto a un viaggio che, dati i mezzi di trasporto dell’epoca e lo stato delle strade, non era stato proprio comodo, chiese di essere portato a fare “due passi” per sgranchirsi un po’. Si formò subito un gruppetto di solerti accompagnatori al quale mi unii per stare vicino a un prim’attore di una compagnia teatrale, evento straordinario per un ragazzo di 16 anni come me. Decisero di fare lu jiru de le mure, la tipica passeggiata maceratese, per restare sempre nelle vicinanze del teatro così da poter rientrare in breve tempo, non appena il nostro ospite lo avesse desiderato. L’aria era tersa e il cielo limpido: dalle mura di tramontana si vedevano chiare le propaggini dei monti che degradavano fino a un mare dal colore azzurro brillante, punteggiato da vele che parìa de toccalle. Passo dopo passo si prese ad andare verso Piazza Garibaldi e da lì per Viale Puccinotti e poi Viale Trieste, le mure da sole: i Sibillini, e anche il Gran Sasso che si vedeva ben chiaro, ancora coperti di neve, risplendevano nell’aria tersa. L’attore rimase estasiato da quella veduta “montana” contrapposta alla “marina” ammirata poco prima. Ritornato in Filarmonica, radunata tutta la compagnia, raccontò entusiasta degli stupendi panorami goduti poco prima e invitò gli altri attori a non perdersi un simile spettacolo, che per noi maceratesi era del tutto consueto ma che agli occhi di uno forestiero appariva straordinario: il mare da una parte e i monti innevati dall’altra!

Armando Prenna

07/05/2017

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