Ci hanno insegnato che la Salaria era la via del sale ma questa definizione non mi ha mai convinto.Uscito dalle aule scolastiche, affetto dalla passione per i libri antichi, affascinato dalla vastità d’informazioni desumibili da internet, ho cercato smentite: ne ho trovate poche. Quasi sempre si legge che la Salaria (attuale strada statale 4 Ascoli – Roma) era una “via di scopo” (trasporto del sale). Non è colpa di Plinio il Vecchio, il quale in Naturalis historia, XLI, 89 scrive: “… sicut apparet ex nomine Salariae viae quoniam illa salem in Sabinos portari convenerat…” che così traduce Lodovico Domenichi pubblicato in Venezia da Giuseppe Antonelli nel 1844: “…come si vede nel nome della via Salaria, così detta, perché per essa si portava il sale ai Sabini” (letteralmente: conveniva portare). Altri hanno liberamente tradotto “così chiamata perché attraverso questa i Sabini trasportavano il sale dal mare”. A volte la fortuna aiuta gli audaci e più spesso gli errori! Certamente ai Sabini il sale romano arrivava sulla Salaria, che non poteva essere via di scopo esclusivo. Pur ammettendo che la Salaria partisse da Roma, non terminava in Sabinia: il suo tracciato era ed è molto maggiore (cfr: La rucola 212: Salaria… via del sale? – La rucola 213: Salarie Picene). Nelle Marche c’erano e ci sono altre due vie Salarie, la Picena (Adriatica) e la Gallica (Fossombrone, Macerata, Urbisaglia, Arquata). Perché tante vie Salarie in una piccola regione dove le colline si bagnano nell’Adriatico?
Il popolo dei Sali
Sembra razionale che l’insieme delle tre Salarie possa individuare un popolo che intorno a esse viveva: i Sali (Salii, Salj, Salji, Saluvj, Salientes, Salici, dalle citazioni dei vari storici). Questa ipotesi è supportata anche dalle Tavole Eugubine (La rucola 214: La storia del salato) che è “il più antico testo rituale di tutta l’antichità classica” secondo Devoto. In esse è codificato il rito della “Lustrazione (purificazione) dell’esercito”: in molti testi della storia di Roma detto “Armilustrum dei Salii”, festa celebrata il 19 ottobre. Nella tavola 1.b.10-45 il celebrante ordina all’esercito di schierarsi “per curie e per centurie”; i Sali erano molto numerosi, come si può desumere dalle vittime sacrificali: tre vitelle, tre giovenche mature – tre verri rossi o neri, tre scrofe rosse o nere – si producano insaccati neri e bianchi (La rucola 214: La storia del salato) – siano presenti prodotti della terra, sale, farina e farro rostito. Il Vocabolario Della Lingua Italiana (1924) di Nicolò Tommasseo per Banchetto saliare intende un convivio ricco e sontuoso come confermato da Orazio Flacco in Odi I, 37. Nella storiografia classica i Sali sono come un fiume carsico: il più delle volte sono sotterranei e/o sono confusi con etnie a essi vicine. Sono certo che molto altro si debba scovare e lascio il compito a quanti migliori di me. Resto comunque convinto che i Sali erano un popolo forte: sviluppati, numerosi, evoluti e molto antichi, preesistenti agli stessi romani. Ne diremo nel prossimo futuro.
Il testo di due volumi storici
Ora mi fa piacere riportare fedelmente quanto pubblicato in due volumi (ultra centenari):
1 – Dissertazione Istorica Fregelli – Pasquale Cayro Napoli I795 Stamperìa di Antonio Paci:
“637 di R” fu determinato di allontanare Fulvio da Roma e fu inviato contro i Popoli Sali;
“630 di R” ma lo stesso Caio Sestio (Calvino console nel 629 di R), allorché esercitava la carica di Proconsolo, avendo soggiogato li popoli Salj della Gallia Transalpina ivi trasportò la riferita Colonia per popolare una Città da lui destinata ſabbricarsi quale per essere stata edificata presso alcune fonti di acque, riguardo a queste, ed al suo nome si appellò Aquae Sextia nobile città di Provenza sotto il nome di Aix, ora celebre (questa deportazione, descritta da altri storici, viene dimostrata non vera dallo stesso Cayro).
2 – Roma descritta e illustrata… volume unico – Venezia – Tommaso Fontana Ed. 1844
“La prima di queste nazioni, che fu attaccata dai romani sotto la condotta di Sestio, fu quella cui il commercio dei salumi lungo le spiaggie del Mediterraneo avea da lunga pezza fatto distinguere col nome di sali. Essa a quel tempo era retta da un re chiamato Teutomalias, difesa da alta montagna sopra un suolo generalmente poco fertile. Sestio a traverso di un paese frastagliato da foreste e da dirupi, marciò fremente contro questi galli, cui il solo aspetto rendeva terribili. La loro statura vantaggiosa, la loro intrepidità, le lor armi, e la loro unione facevano temere ai romani di trovar nell’occidente dei nemici ben più formidabili di quelli da essi rinvenuti nell’oriente. Ma le legioni non perciò ristettero dall’avanzarsi nella regione dei Sali la più vicina a Marsiglia, la quale pure era appartenuta altra volta a que’ popoli. Dal luogo più delizioso del paese donde scaturivano molte fontane d’acqua calda, che intramezzavansi con altre sorgenti di fredda, i romani scorsero le truppe nemiche ordinate in battaglia. Sestio senza perdere un momento fece dar loro la carica, e le volse tostamente in fuga. Questa prima vittoria ripor-tata sui galli Sali capitaneggiati dal loro stesso re Teutomalias, e sul loro medesimo territorio, bastò al proconsole onde fare il conquisto dell’intera nazione. L’armata romana, posto l’assedio alla capitale, la prese malgrado il numero de’ suoi difensori, e ridusse in ischiavitù gli abitanti. Teutomalias fu presso che il solo che abbia potuto salvarsi, rifuggiandosi presso gli Allobroghi di lui vicini. Solevano bene spesso i generali romani, quando miravano ad assoggettare un popolo, e tenerlo a dovere, di segnalare le prime loro imprese con qualche tratto di clemenza onde addolcire gli animi dei vinti. Narra Diodoro di Sicilia che mentre Sestio faceva rendere gli abitanti di una città di cui s’era impadronito giusta l’uso di que’ tempi, un certo Cratone, che veniva condotto incatenato cogli altri, si presentò a lui, rappresentando che la sua costante amicizia pei romani, e il suo attaccamento per i loro interessi gli avevano sovente fatto soffrire dei mali trattamenti per parte de’ suoi concittadini: il che udito il proconsole, e riconosciuta ch’ebbe la verità del fatto, non solamente lasciò in libertà Cratone con tutta la sua famiglia, ma gli promise altresì di francare dalla schiavitù novecento prigionieri a sua scelta. L’amicizia cui Sestio testificò dipoi costantemente a Cratone provò ai Sali la riconoscenza de’ nuovi loro padroni, e fu un legame che unilli a essi. Dopo avere stabilita la dominazione romana ben innanzi nella Liguria transalpina, Sestio studiò come si potesse renderla permanente. Egli credette, ed a ragione, non esservi mezzo migliore a contenere questo popolo di carattere per natura incostante, che quello di fondere una colonia romana in quel sito stesso, in cui avea egli ottenuta la sua prima vittoria. Un luogo sì fecondo per chiare acque e calde e fredde, gli parve adattato a divenire una città abitabile da’ romani. Fe’ perciò dar mano al lavoro, e mise in opera gli stessi suoi legionari ad edificare abitazioni, ed erigere baluardi e torri: finalmente impose il proprio no-me alla novella città, chiamar facendola Aquae Sestiae: essa sussiste ancora al giorno d’oggi sotto il nome Aix di Provenza. Questo proconsole rifinito dalle fatiche di una penosa campagna, e dai dolori della gotta, apprezzava meglio che ogni altro l’utilità de’ bagni termali la cui istituzione era d’altronde favorita dalla località… In questo mezzo Sestio purgò dai Sali tutte le spiaggie da Marsiglia sino all’Italia, confinandoli a duemillecinquecento passi lungi dal mare, e lasciò tutta cotesta costa ai marsigliesi, i quali si accorsero forse della imprudenza commessa nell’aver chiamato a se vicini così pericolosi”.
CONSIDERAZIONI
Questi autori (e anche altri) scrivono Popoli Sali, Sali, Galli Sali, Salui, Salluvi considerandoli sinonimi; se questi vari nomi individuano lo stesso popolo, si deve dedurre che hanno la stessa origine; non ho ancora trovato un testo che ne parli chiaramente. Erano italici (gravitanti intorno alle vie Salarie?), rifugiati al nord dopo la conquista romana dell’Italia centrale e/o preesitenti. Da quanto sopra, è documentato che i Sali sono lungamente vissuti in Provenza, aldiquà e aldilà delle Alpi, sia prima sia dopo i sette anni di guerra con Roma. Evidenziandosi riti, tradizioni e linguaggi italici è pienamente normale e sarebbe strano il contrario. Il re di questi Sali o Galli Sali era Teutomalias, il quale ottenne da Sestio la potestà di francare dalla schiavitù novecento dei suoi. Non è dato sapere come poi si siano chiamati. Forse Franchi Teutones (perché francati di Teutomalias) anche se erano Sali, Galli Sali, popoli Salj della Gallia Transalpina. Nel capitolo “Della liberalità” in Roma Antica e Moderna – Roisecco Roma 1765 si afferma l’uso sfrenato, dei romani, di francare i popoli vinti: “rendendosi con un tal atto tributari per sempre gli animi di quelli (i prigionieri vinti),che dalle contribuzioni, ed aggravi servili erano stati generosamente assoluti”. I francati (Franchi) dovevano essere una moltitudine. I romani hanno poi accertato che la gratitudine, ammesso che esista, ha vita incerta; è un fiore caduco, presto appassisce e avvelena l’aria di chi l’ha custodito.
15 aprile 2017