Questo modo di dire è partito da Tolentino e ha raggiunto tutte le Marche. A esso è legata una storia particolare. Il generale Gioacchino Murat, poco prima della battaglia dalla Rancia nel maggio del 1815, volle inviare al suo amico Taddeo Fidi un messaggero per farsi dire la posizione e la consistenza delle truppe nemiche e per avere un consiglio. Murat aveva deciso di attaccare prima il generale Neipperg, poi il feldmaresciallo Bianchi, che era di stanza a Tolentino. L’incarico di tale ambasceria non poteva essere dato a un ufficiale o a un soldato ma ci sarebbe voluta una persona assolutamente anonima che, muovendosi, non destasse sospetto. Il giusto messo venne individuato nella persona di Sante Merlini, contadino non di mente eccelsa, detto “Vasilico”, che di certo sarebbe passato inosservato. Egli infatti, perennemente con un rametto di basilico in bocca, raggiunse agevolmente il Fidi e ne ebbe il messaggio che Murat attendeva con ansia. Vasilico lo nascose accuratamente in una scarpa e iniziò il viaggio di ritorno. A un certo punto, lungo il fiume Chienti, vide un manipolo di soldati della cavalleria austriaca che perquisiva con cura ogni passante che usava l’unico guado della zona. La paura fu tale e tanta che lui si sfilò le scarpe e le lanciò nel fiume, biglietto compreso! Per lui che aveva solo quelle e non poteva comprarsene altre era gravissimo perdere le scarpe ma sarebbe stato molto più grave rimetterci la vita. Murat non ebbe il messaggio, gli austriaci lo attaccarono sconfiggendolo. Fu colpa di Vasilico? Da quelle parti i contadini fissarono il fatto con dei versi:
Fra il Chienti e il Potenza
si perdè l’indipendenza!
Fra Urbisaglia e Tolentino
fu sconfitto il re Gioacchino!
Detto ciò fu facile conseguenza per i nostri avi fare riferimento alla scarpa di Vasilico ogni volta che una cosa volgeva al peggio. Oppure quando, addirittura, chi aveva avuto un incarico non riusciva, o non voleva, portare a termine la “missione” assegnata.
Cisirino
17 aprile 2017