Galilei e il Vescovo di Macerata nei primi del ‘600

 

Questo “pezzo” non è mio ma un semplice riassunto (senza scopiazzature come si usa oggi) di una opera dell’acuto e arguto storico di Ascoli: il compianto monsignor Giuseppe Fabiani che, negli anni ’50 del secolo scorso, scrisse sull’ascolano Cardinale Felice Centini il quale, nei primi decenni del ‘600, fu anche Vescovo di Macerata. A prescindere dalle argomentanti vicende relative al nipote Giacinto, decapitato quale attentatore alla vita di papa Urbano VIII, qui la narrazione viene ristretta al rapporto che intercorse fra il celebrato (a posteriori) Galileo e il meno noto Felice, figlio e fratello di “massaie rurali”. Il Centini, Minor Conventuale, nel 1609 (a 47 anni) era stato nominato Consultore nella temutissima Congregazione del Santo Ufficio; carica che mantenne anche dopo la nomina a Cardinale e Vescovo di Mileto nel 1611 e, successivamente, Vescovo di Macerata nel 1613. Era, quello, il momento in cui cominciava a manifestarsi la celebre “questione galileiana” risoltasi felicemente e positivamente una decina di anni fa… Embè? Già nel 1614 da un solennissimo pulpito un Padre Caccini esordiva enfaticamente: “Viri Galilei! Quid aspicitis in coelum?” Riprendendo la narrazione evangelica dell’Ascensione, tradotto in maceratese: “O Galileo! Ma che stai a guardà’ per aria?” Il nostro Pastore, non eccessivamente ferrato in astronomia teologica si tenne, per quanto possibile, lontano dalle polemiche, occupandosi delle faccende economiche e sociali anche della famiglia. Ma, pur se “ufficialmente” appariva lontano dalle polemiche, “sottufficialmente” propendeva un po’ per l’astronomo fiorentino. Nell’episcopio il Centini teneva presso di sé “un ochiale da vedere lontano” composto da cinque elementi, ossia il famoso cannocchiale che Galileo aveva organizzato nel 1609/10. Mentre il Cardinal Bellarmino, inquisitore capo, fin dal 1616 cercava di persuadere la nostra, ignara, gente a credere che il sole girava intorno alla Terra, nella corte vescovile maceratese il Centini fondava una “Accademia centina” che si interessava alla vicenda. Nel 1622 il “Pincerna” (una specie di sommelier) Ludovico Ludovici scriveva (e il Cardinale ne sapeva niente?) a Galileo chiedendogli delucidazioni circa il suo “sistema” e ancora nel 1632 gli chiedeva copie del famoso “Dialogo”. Si profilava la famosa condanna che il Centini cercò di non sottoscrivere ma, come decano della Congregazione del Santo Ufficio, dovette “striderci”. E il sole continuò a girare, almeno per altri tre secoli, intorno alla Terra. Poveretto… “che fatigata”!

13 aprile 2017

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