Gran pubblico al Lauro Rossi di Macerata per “Calendar Girls” con la regia di Cristina Pezzoli. Anche in questo caso ci troviamo di fronte alla trasposizione teatrale di un noto film che tanto ha avuto successo, il “Calendar Girls” di Tim Firth con la regia di Nigel Cole, prima nei teatri inglesi e oggi sui palcoscenici italiani.
Nota immediata per il cast composto da Angela Finocchiaro, Ariella Reggio, Laura Curino, Matilde Facheris, Corinna Lo Castro, Carlina Torta e Noemi Parroni, unitamente a Titino Carrara e Marco Brinzi, a cui sono stati affidati gli interventi maschili: tutti bravi e ben calati nei loro personaggi.
La vicenda è assai nota e scaturisce da un fatto realmente accaduto: per una raccolta di beneficenza, un gruppo di signore di mezza età decide, in contrasto con quanto fatto già in precedenza, di realizzare un calendario in cui le stesse signore posino… artisticamente nude! Lo stimolo nasce anche da un triste episodio, la morte per leucemia del marito di Annie, una delle signore/modelle, cui le amiche si stringono con amore e dedizione. La comicità scaturisce dal contrasto tra il paesaggio (fisico ed emotivo) in cui si muovono le nostre Girls (entroterra tipicamente inglese fatto di thè, pasticcini e noiose conferenze sui broccoli a cura della Women’s Society) e le loro più o meno nascoste pulsioni passionali. Le attrici riescono con grande maestria a delineare ogni singola piega emotiva e comica dei loro personaggi, anche se a volte Angela Finocchiaro, bravissima nel dare vita alla battagliera Chris, indulge un po’ troppo in quegli atteggiamenti che tanto la rendono amata dal grande pubblico. Sicuramente riesce a strappare qualche sorriso e applauso in più, ma davvero non ce n’è bisogno, specie in un testo così delizioso e intenso in cui è perfettamente calata.
Belli e colorati i costumi, essenziale, ma efficace la scenografia che accompagna il passar delle stagioni insieme a un pianoforte saggiamente utilizzato in proscenio, profumati (anche se finti! Eppure il profumo si sente con il cuore…) i girasoli dal simbolico significato della ricerca interiore di ogni essere umano. Forse il testo manca di quella profondità dei legami di amicizia delineati nel film e il secondo atto risulta un po’ più lento del primo; tuttavia è uno spettacolo da vedere e da godere perché ci regala due ore di sano divertimento e un bel monito allo spogliarsi, anche noi spettatori, dei cliché legati alla bellezza e alla fragilità umana.
Lucia De Luca
16 marzo 2017