Nella terra di Civitanuova nella Marca presso la marina, fu un pescatore di piccole pescagioni, pescando con ami, con lenze e con reticelle di minore maniera; era giovane e avea nome Mauro, con una moglie giovanetta chiamata Peruccia. E venendo un giorno che questo Mauro, essendo andato a pescare, avesse preso certi granchi marini: li quali, perché sono molto malagevoli a tenerli, avea messo in un carniere di rete; e chi ha già veduto li detti granchi, può considerare, veggendo le loro bocche, quanto sono piacevoli quando afferrano altrui. Tornato Mauro con la detta pescagione in su la sera, volonteroso e di mangiare e di bere, come incontra chi usa quell’arte, disse a Peruccia: “Truova modo ch’io ceni” e questo carniere da piedi puose sul letto; e poi, essendo apparecchiato per la cena, il marito e la moglie si posono a cena; cenato che ebbono, volonterosi d’andarsi a posare, se n’andarono a dormire, sanza ricordarsi di muovere il detto carniere. Di che, dormendo, quasi sul primo sonno, uno di questi granchi, si come quelli che mai non truovono luogo, cercando de’ fori donde possano uscire, e ancora rimbucarsi, uscì per la bocca del carniere ed entrò tra l’uno lenzuolo e l’altro, accostandosi alla donna dalla parte dove è la bocca senza denti forse per rimbucarsi; e la donna sentendolo, come paurosa, con la mano toccandolo per sentire che fosse, e ‘l granchio per lo sentirsi toccare, come fanno, ristringendo-si, per lo labbro prese la detta boccae stringendo, fu costretta Peruccia di trarre un gran guaio. Al cui romore il suo marito si destò, dicendo: “Che hai tu?” Ella risponde: “Marito mio, io non so che fiera m’ha preso nella tal parte”. E ‘l marito subito si leva e va per lo lume e dice: “Ov’è, dov’è?” come quando si trae al fuoco. La donna con istrida manda il copertoio giù, e dice: “Per Dio! guata quello che m’ha vituperata”; forte languendo. Mauro, veggendo il granchio, come e dove l’avea presa, dice: “Per Santa Maria dell’Oreno! uno dei granchi che iersera pigliai, è uscito del carniere che puosi sul letto, e hatti così agghermigliata”; ingegnandosi con le mani tirava il granchio per spartirlo dalla donna; ‘l granchio, come è di lor natura, quanto più sentiva tirare, più mordeva e più assannava e con l’altra bocca s’ingegnava pigliare le mani di chi lo tirava; e la donna, gridando, sentiva soperchio dolore. Ond’il marito s’avvisò di provare un altro magistero e molto semplice; e questo fu che, chinato il capo verso quel luogo, s’avvisò con li denti troncare quella zanca la quale così forte molestava la donna; e come la bocca porse, per pigliare co’ denti la zanca del granchio, questo con l’altra bocca afferra costui per lo labbro, il quale subito comincia a gridare e la donna grida e tira e colui grida e tira. El gridare di Mauro era molto grande, però che rimbombava nella citerna; e quanto più tiravano e ‘l granchio più mordea. A questo romore quelli della casa traggono gridando: “Che è?” E li vicini traggono; e intrati dentro, accostandosi alla camera, la quale essendo da un debole uscetto serrata, entrororno dentro; e domandati che aveano, dissono la cagione, e Mauro la dicea con gran fatica, come quelli che era preso per lo labbro della bocca. La donna per vergogna, oltre l’altra pena, tirava il copertoio in su: il marito gridava però che, oltre al duolo, affogava sotto il copertoio. Quelli della casa più baldanzosi dissono: “Per certo noi vederemo che è questo”; scuoprono il copertoio e veggendo presi la moglie e ‘l marito da uno granchio marino in due si diversi luoghi, si maravigliano, segnandosi con la croce; e Mauro si lamenta e dice il meglio che puote che l’aiutino. Era fra la brigata uno valente maniscalco, che disse a un suo discepolo che per le tanaglie andasse alla sua stazzone, il quale subito andato e tornato con esse, il maniscalco troncoe le bocche del granchio; delle quali tenaglie Peruccia e Mauro ebbono gran paura, sanza la vergogna, che non fu minore. E così la moglie e ‘l marito vituperati furono liberati dal granchio marino; il quale lasciò loro sì fatti segni e sì dogliosi che ‘l marito andò più dì con una pezzuola d’unguento sul labbro e la donna si medicò anch’ella, però che buon pezzo andò a gambe aperte. Gli uomini più tempo n’ebbono a ridere e a parlare. Ma ancora ci fu meglio, che ‘l maniscalco domandò d’essere pagato e Mauro contradiceva, allegando che si dovea pagare di ferrare, e non di sferrare. E ‘l maniscalco rispondea: “Come! o non mi debb’io pagare, quando io medico un cavallo levandolo da pericolo di morte? o se uno cane rabbioso, com’era questo granchio, avesse afferrato un cavallo e non lo lasciasse e io facessi sì che lo lasciasse e guarissero, non doverrei io essere pagato?” e di molte altre belle ragioni disse tanto che li diede soldi venti, come se avesse ferrato uno cavallo. Così avviene agli uomini trascurati, o più tosto, si potrebbe dire, smemorati; ché, venendo costui dal mare co’ granchi, li puose sul letto e gli ne intervenne ciò che ben gli stette; però che s’egli avea preso il granchio e ‘l granchio si vendicò, pigliando lui e la moglie per siffatta maniera che quando ne fu levato dal maniscalco si potea dire, come disse Dante: “La bocca sollevò dal fiero pasto…”. E così spesso son presi gli uomini da diversi casi, e sono tanti che uomo non potria immaginare. E però non si dee alcuno fidare della fortuna, ché spesse volte il morso di un piccolo ragnolo ha morto uno fortissimo uomo.
02 luglio 2016