La monumentofobia dei maceratesi

Quando costa troppo e quando costa niente…

 

 

sigismondo ciccarelliPremettiamo subito che è inutile cercare il termine nei vocabolari, la “monumentofobia” non è prevista nella lingua italiana, anche se esiste, e come, a Macerata, una città che da sempre ha avuto – dentro e fuori la cerchia delle antiche mura – pochissime effigie, di bronzo o di marmo, di illustri trapassati o di grandi even-ti, a perenne monito e memoria.

 

Contiamole

A contarle tutte si fa molto presto, anche perché sono più o meno tante quante le dita di due mani (Garibaldi, Lauro Rossi, Mazzini già acefalo in paziente attesa della testa originale, Matteo Ricci, San Giuliano a cavallo, una new entry cui bisogna aggiungere il don Chisciotte in perenne attesa di una mano di antiruggine, l’ancora di ferro gettata sul colle più alto della città, un pezzo nautico di una nave obbligatoriamente ormeggiata a 25 km di distanza dal mare, le geometriche figure dell’Avis, la croce e la palla di Peschi).

 

Matteo che balla sui cubi!

A questo ridotto elenco di opere, non sempre di elevato livello artistico e per di più irrequiete e ballerine, qualcosa si poteva aggiungere nel 2010, a conclusione dell’anno ricciano. L’opera proposta, firmata da un grande nome della nostra terra, famoso nel mondo, meno da noi, anche se è stata riprodotta dalla stampa con un bozzetto di difficile lettura è stata stroncata da più parti con le motivazioni più diverse, dalla collocazione (del resto ovvia in “piazza San Giovanni”!) allo sfondo, dal peso eccessivo del complesso al personaggio considerato… “Matteo che balla sui cubi”! Il costo dell’opera – sempre eccessivo almeno dalle nostre parti – ha poi fatto pendere la bilancia verso il no, temperato da un possibile, molto ipotetico, ripensamento.

 

Un viaggiatore senza gambe

Eppure, se il no era dettato solo da motivi economici, bastava limitare l’opera alla statua del Ricci, da collocare in una delle due nicchie della chiesa di San Giovanni. Per ora offriamo ai cinesi che continuano a venire il bel Padre Matteo Ricci di Virgì, ma senza gambe, che per un viaggiatore del suo calibro lascia sempre un po’ perplessi.

 

Costo zero? Ti rifiuto!

A costo zero era invece possibile avere nel 2011 un’opera che avrebbe arricchito piazza Mazzini, uno dei luoghi più belli della città. Dedicata al Risorgimento nella ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia recava – secondo la stampa – solo una scritta che inneggiava alla libertà, all’uguaglianza e alla fraternità: principi universali ed eterni, condivisibili da tutti, da destra, centro e sinistra, credenti e non. L’opera, di un nostro conterraneo, si completava con un volto rivolto verso l’alto, altra immagine che richiama il cielo e quindi Dio, creatore di tutto e di tutti. Ma non da tutti è stato gradito il donatore, per cui viene implicitamente rifiutato il donato. Ma in tal modo si corre il rischio di far credere che vengono rifiutati certi principi universali o… è la solita monumentofobia dei nostri concittadini?

 

La lapide di Mondì Ciccarelli

Comunque a piazza Mazzini c’è dal 6 maggio 1914 qualcosa che ricorda tangibilmente quel lontano e glorioso periodo (chec-ché ne dicano Bossi e compagnia bella), al quale anche i maceratesi hanno allora contribuito. E’ la lapide dedicata a Sigismondo Ciccarelli, nobilitata con un bel medaglione in bronzo opera di Giuseppe De Angelis, che riproduce l’immagine del garibaldino “combattente a Roma, Bezzecca, Mentana su la traccia del duce immortale”. A parte la via intitolata ai fratelli Ciccarelli, ben pochi ricordavano in città Mondì, sino a quando nella terza pagina del Resto del Carlino del 14 giugno 1964 comparve un articolo a firma Giuseppe Prezzolini, dal titolo “ritorno in città”. Un bello scritto, da incorniciare, sulla città di fine ‘800 e sul nostro personaggio, del quale val la pena di parlare un po’ più a lungo, prossimamente.

Siriano Evangelisti

 

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