Donga

Non nuova a questa esperienza Mariella Marsiglia pubblica  la sua ennesima fatica letteraria, un agile libretto di cento pagine dove fa il punto sulla sua vita: “Donga”, ossia dove eravamo rimasti? e riprende il filo di un discorso mai interrotto con la sua amata Macerata. Il linguaggio di Mariella è “maceratese spappato”, un discorrere dialettale dei giorni nostri, facile da capire perché lo ascoltiamo ogni giorno per la strada. Non ci sono ricercatezze verbali ma una parlata attualizzata nel presente. Mario Affede ha scritto con espressioni del suo tempo, Dante Cecchi con un linguaggio posteriore di mezzo secolo mentre Mariella Marsiglia è di oggi. La copertina racconta di bambini ed è proprio da loro che l’autrice prende il via,  da quella mai dimenticata esperienza scolastica che l’ha tenuta a stretto e amorevole contatto con tanti cuccioli di uomo. Un lungo momento della sua esistenza che le è rimasto nel cuore: Io faccio l’inzegnande de li vardascitti, non de quilli grannettélli, quilli m-moccó più picculi: li ciuchitti. Dai racconti dei bimbi nascono divertenti situazioni sia scolastiche che familiari, bellissime poesie perché nate dall’innocenza e dalla sincera e ingenua spontaneità de li ciuchitti. Un esempio? Facile. La maestra tiene una lezione sui piselli ma i maschietti intendono solo quillu lì; un bimbo scoppia a piangere perché… ciangecando l’occhji vélli dicìa: ogghi la còca… – e ingojò ‘n lacrimó’ – ce fa la pastasciucca co’ lli vesélli! Come per tanti arriva il tempo di andare in pensione e lo sguardo di Mariella si posa sui pensionati, sul loro modo di vivere la giornata, sul fatto che “pensione – eguale – vecchiaia” è un assunto che a lei proprio non va giù: ma dopo trend’anni d’amore pe’ la scòla / non putìa mette’ per limiti d’età? e invece quando è arrivato l’ordinamento c’era scritto: deve lascià’ lo faticà’ per suo invecchiamendu! Invecchiamento, che  trista  parola  che  te  storza  dendro la realtà. Quale mancanza di sensibilità nei confronti di una signora! ironizza la poetessa. Non perde di vista le persone che le sono intorno e ne nascono bei quadretti sui comportamenti della gente, de li ‘gnorandù’ che poco si curano degli altri, attenti solo alle proprie necessità. Scenette divertenti sono quelle sui cambiati costumi familiari, coi bambini che si ritrovano con più padri, magari a giorni alterni e con le disgrazie che avvengono nel chiuso dell’intimità familiare, che dovrebbero rimanere riservate ma che, invece, appena c’è l’incontro favorevole con un paio di orecchie attente la lingua non si trattiene e racconta…  Non mancano momenti intimistici di sentimento: cuscì su la fenèstra passi l’ore, / a guardà’ u-mmunnu  solitariu  / e dici  fra de te: “Perché, Signore?” / e ‘ttacchi ‘na parte de rosariu. Non dimentica Macerata né i maceratesi: lu maceratese adè comme lu paese sua / viàtu se stènne co’ le chiése / riservatu se cinge co’ le mura. Altro tratto di percorso del libro, una parte della nostra vita che ci accomuna è il parlare di politica, in casa, al bar, al lavoro… certamente Mariella non si defila, anzi si propone in rima e tocca alla Kyenge, scrive Lettera a Napolitano, se la prende con le auto blu e non lesina battute alle tasse che paragona, nulla sbagliando, alle scatole cinesi dove una nasconde l’altra. Non sfugge alla sua attenzione la maceratese Boldrini e fa una puntatina pure all’estero, dalle parti della Merkel. Insomma non si salva alcuno, nemmeno il sindaco di Roma. Come si dice… vox populi vox dei e Mariella Marsiglia sa ben interpretare la voce del popolo. Anche la religione prende parte alla stesura delle pagine del volumetto, a volte con un pregare un po’… sui generis: Che l’Imu non se paghi più pe’ gnente, / che l’Iva per magia se fermèsse, / che la tares agghja ‘n accidende / e a la Casta gorbi je pijèsse. Infine, come in un buon pranzo, restano le briciole e la poetessa finisce con mujiche.                  

Fernando Pallocchini

 

 

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