Ritorniamo al casolare e mettiamoci a zappare

Bella è la copertina illustrata da Lorenzo Sabbatini, sia per la grafica e la coloristica quanto per il contenuto espresso: il contadino con la zappa in mano si riposa dalla fatica appoggiato a un albero e con il cane accanto, in pratica è immerso nella buona natura mentre il traffico scorre incessante. Due mondi contrapposti, uno di quiete e riflessione, l’altro di costante e devastante  pressione psicologica. È, in pratica, una sintetica lettura del libro, del desiderio, nemmeno tanto sottaciuto, dell’autore: prendere la zappa in mano! per tanti motivi. Leggere il libro è come fare una passeggiata con un amico, che ha voglia di chiacchierare del più e del meno. Importante è che non lo chiami Peppe, non lo sopporta. Lo stile di scrittura è accattivante, sarà per le rime che spesso vi fanno capolino. Gli argomenti sono i più disparati, tutti quelli che possono passare per la mente di una persona che di esperienze ne ha fatte… che di continuo si rimette in gioco con buon ottimismo, come si dovrebbe fare in tempo di crisi, perché “da cosa nasce cosa e chi non risica non rosica”, lui afferma anche se con termini diversi. Vuoi parlare di religione? Sai che ti risponde? Che le tentazioni imperanti della materia ti fan perdere di vista la fede e la religione si troverà declassata a un rango terreno e inferiore, e qui aggiunge la parola del Verbo: “Il mio regno non è di questo mondo”. Più chiaro di così… Poi alleggerisce con argomentazioni più… terrene, anche se ecologiche: la potatura del tiglio, che si avvicina molto all’arte della zappatura. Il tiglio si eleva e, salito sulla scala,  Giuseppe consiglia di non guardare né in alto (capogiro) né in basso (vertigine) ma di concentrarti sul taglio di rametti che sembrano mai finire. E così ragionando di fave e di piselli il tempo passa più serenamente. Come dargli torto?

Fernando Pallocchini                                                                                                                                   

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