Ricordando gli studi di Forza Rata
“Ti ricordi?!” comincia sempre così quando ci si incontra con un vecchio amico, con il quale la conoscenza è dai tempi delle elementari (oggi mi sembra abbiano coniato “primarie”, così, per il gusto di cambiare e complicarci la vita in modo insulso). “Andiamo a prenderci un caffè da Nino, che facciamo quattro chiacchiere tranquilli!” mi ha detto Sandro, amico da sempre anche se ci siamo un po’ persi di vista ultimamente. “Te lo ricordi il maestro Alfredo?” – “Certo che sì – ribatto – e ricordo anche quella volta che facesti ridere tutta la classe, maestro compreso!” – “No, ti prego, che ancora mi vergogno..!” – “Come è composta l’aria? – faccio, imitando il maestro – e tu rispondesti, titubante: idrogeno… ossigeno… elio e azoto e… e un gas che ora mi sfugge… Nel silenzio dell’aula risuonò forte e chiara una tua scoreggia!” – “Già, a quei tempi in casa mangiavamo spesso i legumi! Tu, invece, avevi una bella faccia tosta, come quando gli domandasti se si potesse punire uno per una cosa che non aveva fatto. Lui, chiaramente, ti rispose di no… e tu, innocente, dicesti: non ho fatto i compiti…”. – “Sì, ricordo, per nostra fortuna il maestro Alfredo in questi casi era molto sportivo, la vedeva dal lato ironico e la prendeva a ridere. Però, anche alle superiori non ti sei smentito…” Sandro ha uno sguardo perplesso, evidentemente ha bisogno di una rinfrescatina alla memoria, per cui infierisco: “Il professore di chimica ti chiese cosa fosse l’H2SO4 e tu rimanesti a balbettare: lo so… lo so… ce l’ho sulla punta della lingua…” – “Ah! sì, ora ricordo! – fa Sandro – mi interruppe dicendo: e allora imbecille sputalo, che è acido solforico! e, come sempre, scoppiò a ridere tutta la classe…” – “Ma non eravamo solo noi a fare queste magre, una volta alle medie toccò a Mario, un campagnolo, quando il professore di lettere gli chiese come si chiamasse il luogotenente di Garibaldi, sempre presente in tutte le battaglie, lui rispose prontamente: Nino Biperìo!” – “Ah ah ah! ancora rido – m’interrompe Sandro – ricordo che il professore impallidì e, incredulo, fece: ma che accidenti dici! e Mario per far vedere che aveva ragione gli mostrò gli appunti dove aveva scritto Bi… x… io!” Non so oggi, certo che allora, mezzo secolo fa (accidenti sto invecchiando!), ne combinavamo una dietro l’altra. Una volta, sempre noi due, prendemmo dai sacchi sportivi dove tenevamo le scarpette da tennis per l’ora di ginnastica, una scarpa ogni paio, le legammo tutte insieme e le gettammo fuori dalla finestra in modo che rimanessero appese: una sorta di fune con cui evadere dalla noia di certe lezioni! Naturalmente scoppiò un casino! Un’altra volta facemmo razzia di merendine spostandole da un banco all’altro in modo che nessuno si ritrovasse con la propria, tenendo per noi due panini con salame casareccio: una bontà! Evento clamoroso fu quando tempestammo il soffitto della presidenza con le cicche di sigaretta raccattate nei bagni; funzionò così: saliva sul filtro e lancio! le cicche rimanevano come incollate al soffitto, e quando un’ora dopo se ne accorse il preside, il suo urlo fece tremare la scuola! Eh, anche all’Università (medicina) Sandro non è che se la passò immune da una magra colossale dalla quale, però, ne uscì abbastanza bene… a un esame di ostetricia il professore gli domandò quante forme di parto conoscesse. “Non ero preparatissimo – ammette Sandro – per cui ero un po’ incerto e cominciai a rispondere con cautela… parto normale… parto cesareo… e parto… parto… a questo punto dai banchi, per togliermi dall’impasse, mi arrivò un suggerimento: anale. Senza pensarci su dissi al professore: parto anale… costui rimase indifferente (anche se sotto sotto, lo capii più tardi, si stava divertendo un mondo) e senza scomporsi mi pregò di spiegare come e quando si svolgessero. Spiegai sicuro la dinamica dei primi due ma, giunto al terzo, compresi di aver fatto una stupidaggine e rimasi in silenzio. Il professore, con un sorrisetto sardonico mi chiese di dire, almeno, un caso, uno solo che a me risultasse di parto anale. Guardandolo fisso in volto dissi: accadde una sola volta, circa venti anni fa, quando nacque quello stronzo che me lo ha suggerito!” Ci lasciamo con un fatterello simpatico. Quello di quel signore che aveva perso il cane vicino all’Università e ci chiese: “Scusate, è passato il mio cane?” Rispondemmo all’unisono: con 30 e lode!