VICOLO DELL’ASILO

Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

Vicolo dell'Asilo
Vicolo dell’Asilo

 

Il Vicolo dell’Asilo fa parte di quella zona che nel 1100 era addossata alla Pieve di San Giuliano, oggi Duomo, ed è la stradina che ha avuto la denominazione più tormentata. Nel 1400, insieme con i vicoli adiacenti, fu il “Vicolo della Cocolla” (per la forma a cappuccio di frate delle mura che lo lambivano) almeno fino al 1700 quando cambiò in “Vicolo di Venturi” (dal palazzetto della famiglia che si affacciava sul largo Lauro Rossi). Nel 1822 divenne “Strada del Manicomio” (lì vicino c’era il manicomio) fin quando l’istituto per malati di mente, nel 1871, fu trasferito altrove e allora fu “Vicolo del Manicomio Vecchio”. Solo quando lì venne trasferito l’Asilo Ricci assunse il nome rimasto fino a oggi. Il “Vicolo dell’Asilo” è identificabile nell’Ostello “Asilo Ricci”, un punto di accoglienza, di ristoro e d’incontro per conferenze. Ma non sempre è stato così. Questa parte di città è antichissima e risale alla nascita di Macerata alla quale fu “avvinghiata” fino al 1365 quando, con la costruzione della fortificazione dell’Albornoz, rimase tagliata fuori. E fu tale fino al 1440 allorché vennero erette le mura sforzesche che inglobarono tutta la “Cocolla”, fino a Porta Mercato. Essa era costituita da modestissime case di terra con il tetto di foglie, abitate da persone di umili origini: operai, artigiani, poveri e anche albanesi fuggitivi dai turchi. Nel ‘600 qui erano attivi alcuni frantoi, era “fiorente” il meretricio e, a peggiorare la situazione, ci si impiantò la macellazione degli ovini: lo “scorticarello”.

Vicolo dell'Asilo
Vicolo dell’Asilo

Ci pensò un prelato, l’abate Marcello Centini, a bonificare tutto acquistando il macello e sistemandoci un orto e una uccelliera, poi una cantina e anche un campo di gioco per la “pallacorda”. A turbare la tranquillità della “Cocolla” arrivarono, nel 1771, i malati di mente, trasferiti nel “Torrione dei Pazzi” (oggi non più esistente), di fianco a Porta San Giuliano. Nel frattempo sul suolo del futuro Ostello sorse una fabbrica di cera (prodotto indispensabile perché non era ancora stata inventata l’elettricità) e tutto intorno lavoravano falegnami, fruttivendoli, macellai, conciatori, sarti, ciabattini, un fabbro, un fabbricante di chiavi e serrature, addirittura una zecca e altro, tanto che su 49 case ben 46 erano di privati cittadini. Nel 1822 i “mentecatti” passarono dalla Torre dei Pazzi alla cereria, nel frattempo fallita, lo stabile divenne “Ospizio dei mentecatti” e nel 1830 fu ampliato. Ma i “matti” crescevano, l’ospizio non bastò più, e furono trasferiti… con sollievo dei vicini. Il fabbricato venne assegnato all’Asilo Infantile Ricci che, siamo fine ’800, era in grado di ospitare 300 bambini. Ogni tanto fruiva di aggiornamenti: elettricità, termosifoni (massima temperatura 10° a piano terra e 12° al primo piano), si cominciò a sperimentare nell’insegnamento il “Metodo Montessori”, nel 1936 venne in visita il Duce. Poi la manutenzione diradò e l’edificio decadde al punto che la scuola nel 1996 fu trasferita. Restaurato con i fondi del Giubileo è oggi frequentato da turisti di passaggio in cerca di ospitalità. Nel 1893, l’articolo 3 del regolamento dell’Asilo Infantile Ricci prevedeva che i bambini, oltre l’istruzione, ricevessero ogni giorno una “minestra” nella quantità prescritta da una tabella che, pari pari, trascriviamo: “Minestra con pastina” (70 gr. di pasta; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Minestra con riso” (80 gr. di riso; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Pancotto” (70 gr. di pane; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Minestra con pasta e fagioli” (40 gr. di pasta; 40 gr. di fagioli; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Minestra con pasta e cece” (40 gr. di pasta; 40 gr. di cece; un goccio di olio); “Minestra di riso e fagioli” (50 gr. di riso; 30 gr. di fagioli; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Pancotto con fagioli” (40 gr. di pane; 40 gr. di fagioli; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio); “Polenta” (80 gr. di farina; 6 gr. di sale e lardo; 4 gr. di formaggio). Pasti frugali dove non ci sono né carne né pesce.

continua

 

foto di Cinzia Zanconi

 

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