BORGO SFORZACOSTA

Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

 

Borgo Sforzacosta, veduta
Borgo Sforzacosta, veduta

Sforzacosta avrebbe potuto avere un futuro aeronautico ma così non fu. Qui venne inaugurato nel 1930 un “aeroporto non armato” ben attrezzato e caratterizzato da un ottimo fondo argilloso che permetteva la sua fruizione in ogni condizione di tempo. In breve affluirono sia apparecchi isolati che intere squadriglie provenienti da varie località, principalmente dall’aeroporto di Loreto. Un giorno atterrò perfino un aereo in avaria proveniente da sud che fu riparato e fatto ripartire. Poi, nel 1943, il campo fu bombardato dai tedeschi. Nel 1947 ne venne chiesta la “recessione” dalla Provincia, nel 1951 divenne “bene patrimoniale” e nel 1963 venne diviso in 3 lotti, edificabili e non. Poi, nel 1966, la vecchia proprietaria del terreno, Palma Salvucci, chiese e ottenne di ricomprarlo a condizioni vantaggiosissime riportandolo a fare il “campo”. A Sforzacosta volendo ascoltare le “chjacchjere” di paese occorre dirigersi verso la bottega del “figaro” locale. E’ quanto abbiamo fatto andando a trovare Vittorio e i suoi affezionati clienti, un ben assortito gruppetto di amici dallo sguardo sornione. Per rompere il ghiaccio abbiamo domandato a Vittorio come mai avesse pensato di fare il barbiere. Semplice, sessant’anni fa la madre gli chiese: “Che mestiere vuoi imparare: il barbiere o il sarto?” la scelta era poca e lui optò per il barbiere perché aveva una gran passione per il gioco del calcio. Direte: “Che c’entra con il mestiere di barbiere il gioco del calcio?” Sì, c’entra, perché in questo modo, tra una barba e un capello, negli intervalli di tempo libero poteva giocare al pallone sulla strada… allora era un ragazzino. A questo punto interviene un amico, in dialetto:

Borgo Sforzacosta, la chiesa di San Giuseppe
Borgo Sforzacosta, la chiesa di San Giuseppe

“Ma va’… adè perché la varba se deve da fa’ tutti li jorni, mentre a ‘lli tembi de vistiti se ne facìa unu ogni tanti anni!” (Ma vai… è perché la barba si deve fate tutti i giorni, mentre a quei tempi di vestiti se ne faceva uno ogni tanti anni!) . Verissimo, mezzo secolo fa era così perché non c’era disponibilità economica. “Ma – chiediamo – non era pericoloso giocare per la strada?” Assolutamente no. Passava solo, lemme lemme, Cerescià de la Maestà d’Urbisaja con il somaro e il carretto per portare la legna a Macerata; poi giungeva Santì da Tulindì con la cacciatora a quattro ruote trainata da un cavallo; transitava pure qualche carrettiere che portava la rena ai costruttori e pochi mezzi a motore, lenti e sbuffanti, alimentati con il gasogeno. A quel tempo a Sforzacosta viveva Piripicchju, un bugiardo matricolato che disse la verità una sola volta, rimase buggerato e non la disse più! C’era Fischjò accompagnato dal fedele libretto della pensione. Costui, una volta, sventolando a garanzia il famigerato libretto, comprò mezzo maiale trasformato in ottima “pista” dal fiducioso contadino ma non si decideva mai a pagarlo: “Aspetta, devo prendere la pensione!” era il suo ritornello. Un bel giorno il contadino, stanco di aspettare, si arrabbiò e disse, minaccioso: “Adesso ci penso io!” al che Fischjò rispose: “Brau, penzece ‘n bo’ tu che io non ci-agghjo tembu!” Bella fu anche quella di Garofulu, di mestiere casellante, che vendette il suo casello ferroviario (come Totò che dette via la Fontana di Trevi) a un tale che si era innamorato di quella costruzione. D’accordo con un amico, che nell’occasione si trasformò in sensale, ricevette un acconto e per ufficializzare l’affare si fece offrire anche una lauta cena. Altri tempi e altri personaggi di cui è piacevole, ogni tanto, rinfrescare il ricordo. Oggi Sforzacosta si ritiene la frazione maceratese più declassata, resa invivibile dal traffico in costante aumento che è fonte di inquinamento acustico, pericoloso per i residenti nell’attraversamento della via e che pe-nalizza fortemente la qualità dell’aria già resa critica dalla vicinanza del Consmari. Questo, troppo spesso, emette odori così forti da ammorbare l’atmosfera tanto che un anziano ha esclamato: “Questa era una bella vallata… la prima infornata al Consmari so io chi ci avrei messo..!”

continua

 

foto di Cinzia Zanconi

 

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