Archeologia di frontiera

Un libro di Ivan Rainini

edito da Fondazione Cassa di Risparmio

della Provincia di Macerata

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Proponiamo alcune brevi note sul complesso lavoro svolto dal prof. Ivan Rainini per valorizzare il nostro patrimonio archeologico. Il libro s’incentra su tre realtà, con uno sguardo a tutto tondo che partendo dalla catena dei Sibillini giunge fin sull’altopiano di Colfiorito. Una dettagliata analisi che abbraccia storia, architetture, reperti, topografia e molto altro.

 

Sant’Angelo in Montespino

pag.-8-S.Angelo di Montespino la cripta

Il primo documento che certifica la esistenza della Pieve di Sant’Angelo di Montespino, che si trova nei pressi di Montefortino, è del 977. Ricca e potente estendeva la sua giurisdizione su 52 chiese. Incastonata in un ambiente naturale paesaggisticamente rilevante, ha un aspetto severo, sobrio e imponente come un fortilizio, con l’interno impreziosito di pregiati inserti antichi oggi principalmente concentrati nella cripta. Questo edificio, come altri inseriti nella fascia pedemontana, oltre ad avere finalità religiose e di ospitalità, era un essenziale punto di riferimento stabile nel paesaggio per chi transitava nel territorio, e meta d’incontri e di cerimonie festive. La cripta presenta una grande varietà di forme, dimensioni e materiali nelle colonne, nei capitelli e nelle basi, tanto che la loro analisi ha accertato la presenza di dieci tipi diversi di marmi, fra colorati e bianchi, tre distinte qualità di calcari e una di arenaria. L’insieme della Pieve è suggestivo.

 

Santa Maria in Insula

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Di incerta datazione, il complesso di Santa Maria in Insula sorge su una preesistente realtà romana; fra il IX e il X secolo avrebbe ospitato un primitivo cenobio benedettino sulle cui strutture, agli inizi dell’XI secolo, San Romualdo avrebbe edificato un monastero di cui la chiesa, pur profondamente alterata nei secoli, sopravvive oggi come unica testimonianza architettonica. Quale costruzione può esserci stata in pag.-8-s.maria-in-insulaorigine? A questo proposito suscita interesse una cisterna-fonte poco discosta dalla chiesa. Il modo in cui è stata realizzata la fanno appartenere di certo a un impianto idraulico di epoca romana in uso a una comunità dell’Insula di Monastero, insediata in una ricca villa tardo romana. Infatti, fra i reperti venuti alla luce, alcune lastre di marmo appartenenti a pavimentazioni sono rarissime, inaspettate in un contesto così periferico, e lasciano comprendere la rilevanza sociale ed economica del proprietario. Interessante è la cripta sottostante.

 

Santa Maria di Plestia

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L’edificio sacro di Santa Maria di Plestia (denominata anche Santa Maria della Neve o Santa Maria Assunta) sorge in un’area da sempre focale per la viabilità che unisce la zona tirrenica a quella adriatica. I romani stabilirono qui un municipium, una tappa obbligata in grado di dare accoglienza ai viaggiatori di passaggio, funzione successivamente continuata dall’organismo plebano di Santa Maria di Pistia. La pag.-8-plestia-33chiesa è fornita di una cripta rettangolare; questa ha una sola abside, presenta cinque piccole navate composte da una fila centrale di quattro colonne, che con le due poste all’imbocco dell’absidiola, con le otto semicolonne dei lati lunghi e con i due semipilastri dei lati corti, formano dieci campate a crociera più quella corrispondente allo spazio absidale. Sotto la pavimentazione della chiesa insistono dei residui di lastricato e dei basamenti in conglomerato cementizio, importanti reperti che testimoniano la presenza romana.

 

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