PORTA DEL DUOMO

Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

 

Porta Duomo, vista anteriore
Porta Duomo, vista anteriore

A metà circa della salita delle “Fosse”, o borgo San Giuliano, esisteva la modesta “Porta del Castellare” che, verso la metà del ‘400, venne sostituita dalla Porta del Duomo, attualmente detta anche Porta San Giuliano, costruita immediatamente a ridosso della parte posteriore del Duomo, appunto, nel momento in cui fu edificata quella porzione di muraglia dal Bevilacqua. Ebbe, allora, anche il nome di “Porta di Loreto” in quanto da essa uscivano gli sparuti pellegrinaggi che da sempre partivano da Macerata per recarsi nel Santuario Mariano: una tradizione pluricentenaria. La porta è praticamente rimasta invariata fino al 1921 quando il professor Elia Bonci, in considerazione che da qui partivano i pellegrini, apportò una piccola modifica: un quadro (sembra realizzato su lastra di zinco), apposto internamente alla parte posteriore, inquadrato dentro una finta finestra sormontata da un semicerchio, con su dipinta una “Traslazione della Santa Casa”, secondo leggenda. Negli anni ‘50 si dette inizio a un restauro (una vera novità per quell’epoca) che fortunatamente venne sospeso e sarebbe interessante poter vedere qualche foto “prima della cura”. Del lavoro interrotto resta, a vista, in alto,

Porta Duomo, vista posteriore
Porta Duomo, vista posteriore

sulla facciata esterna del torrione, un largo pannello vuoto. Avrebbe dovuto esserci realizzato un altorilievo che non fu mai eseguito. Porta Duomo, per chi viene dal centro e guarda il paesaggio che essa inquadra, potrebbe offrire una visione assai pittoresca grazie allo scoscendimento delle “Fosse” e alle sue casupole disposte con altezze alterne al lato della strada, alla campagna ricca di tutte le tonalità del verde e, in lontananza, grazie al mare. Purtroppo in mezzo a tanta poesia, negli anni ’50 e successivi, si sono erette costruzioni abitative veramente brutte che vanificano le armonie della natura. Non migliora la situazione la solita strada che circonda Macerata e che proprio davanti alla porta si trasforma in una curva pericolosa, per cui è giunto in soccorso dei pedoni l’ennesimo sottopassaggio. Quante ne avrà osservate Porta Duomo, da quella posizione dominante, durante i suoi secoli di vita? Certamente le saranno rimasti impressi i primi automezzi che sono circolati a Macerata. Anche perché, posta così in alto sopra le “Fosse” ha avuto modo di osservarli con comodo: lungo quella salitaccia davvero ripida questi non potevano certo sfrecciare via ma solo arrancare lentamente, magari sbuffando. C’era il 18 BL, un camion che aveva un solo faro, ad acetilene; questo trabiccolo era destinato a raccogliere l’immondizia: le persone conservavano i rifiuti in secchi raccapezzati alla meglio e al

Porta Duomo
Porta Duomo

passaggio del 18 BL li rovesciavano nel cassone. Il mezzo su per le “Fosse, arrancava e soffiava. Poi, dopo aver svolto questo “odoroso” compito, una bella sciacquata ed era pronto a compiere un altro servizio: andava a riprendere i ragazzi che passavano le vacanze a Villa Ciccolini: tutti sul cassone e… mai ricordato un caso di tifo! La Diatto di Palazzesi, invece, si annunciava con un gran fragore tanto da sembrare potentissima ma… aveva un problema: per riuscire ad arrampicarsi su per le “Fosse” doveva prendere una bella rincorsa riuscendo a “scavalcare” la sommità a passo d’uomo. Per ultimo ci piace ricordare “lu Citriolè”, anche lui proprietà del Comune partecipava alla raccolta dell’immondizia e, su per le “Fosse”, salita ingrata, non gli era sufficiente prendere un lungo slancio ma aveva bisogno di un supporto… per così dire… tecnico. L’accompagnatore dell’autista, da dentro la cabina di guida, armato di una lunga cannuccia aveva il compito di soffiare aria con estrema vigoria dentro il carburatore. Al poveraccio, un turbocompressore umano ante litteram, diventavano le guance rosse e doveva anche darci dentro con un grande impegno perché se fosse calata l’oscurità, per “lu Citriolè”, sarebbero stati grossi guai: era senza fari! e non è che, all’epoca, le strade fossero illuminate come lo sono oggi.

continua

 

foto di Cinzia Zanconi

 

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