Tratto da Macerata tra storia e storie
di Fernando Pallocchini
Porta Romana ha una storia più tormentata delle consorelle. Costituì, nel ‘500, quasi una chiave di volta fra le mura del ‘400 dalla parte a nord e quelle rinascimentali di sud conseguenti allo sviluppo, anche demografico, della città che si stava estendendo verso ovest. La situazione fu codificata sui progetti di Cristoforo Resse, architetto di Santa Casa, che affiancavano alla porta due baluardi. Quello a nord fu eseguito, infatti nel 1957 i funzionari dell’Ufficio tecnico comunale, quando fu aperto il sottopasso di porta Romana, videro tracce di camminamenti e nicchini dei sotterranei della fortificazione. Invece il bastione di sud rimase incompiuto. La porta fu costruita nel 1579 sui disegni di Pompeo Floriani e venne denominata “Porta Boncompagna” in onore di Papa Gregorio XIII. Le costruzioni subirono grossi danni da parte dei francesi nel 1799, tanto che nel primo decennio del XIX secolo i bastioni furono demoliti e la porta, danneggiatissima, fu inglobata nel palazzetto del mastro di posta, Moschini. Poi, nel 1857, per l’arrivo di Pio IX, il tutto fu demolito. Dopo l’annessione, nel 1861, l’architetto neoclassico Luigi Poletti fornì il progetto di sistemazione con due grossi blocchi edilizi collegati fra loro con una modesta cancellata in legno che segnava la cinta daziaria. La cancellata venne sostituita nel 1882 con un cancello più solenne e robusto in ghisa, realizzato dall’anconetano Rodolfo Buccolini che lo firmò e datò. Come iniziò la distruzione di porta Romana?
Era il 27 giugno del 1799 quando, all’una di notte, come apprendiamo dal “Diario maceratese” di S. Tartuferi, curato da Marcello Sgattoni, 200 soldati francesi del battaglione del Musone, al comando di Pontavice, si appostarono con due cannoni alle Tre Porte e a Santa Croce e, alle 7 del mattino, spararono 147 cannonate sulla città, facendo solo pochi danni ai tetti. Lasciarono 60 morti sul terreno e furono respinti. In fuga saccheggiarono stalle e campagna incendiando pagliai e trucidando 5 contadini, tra cui due vecchi. Tornarono il 30 giugno, in egual numero, con due cannoni e, in più, un obice. Spararono su Macerata 366 volte, tra granate e cannonate, senza arrecare gran distruzione perché la maggior parte dei colpi andarono a vuoto. Furono respinti con gravi perdite da parte loro. Fuggendo uccisero proditoriamente 10 pacifici contadini. Purtroppo venne il 4 luglio e, con esso, giunsero 2000 soldati tra francesi, cisalpini, battaglione del Musone, tutti sotto il comando del generale Monier, con 12 cannoni, 4 obici e 30 carri di munizioni. Viste le precedenti sortite questa volta erano decisi a conquistare la città. L’assedio iniziò di notte e fu terrificante. Granate, palle incendiarie, cannonate non si contarono. Alle 12 invasero la città passando da una breccia fatta sulle mura di tramontana e fecero danni ingentissimi alla città, compresa porta Romana. Uccisero 373 persone, bruciarono la chiesa di Santa Croce, il Convento dei Cappuccini e San Domenico, la casa dei Francescani fuori di porta Romana, si diedero al saccheggio fino alle tre di notte, derubarono le chiese dalle quali furono calate le campane, comprese quelle di piazza che vennero distrutte. Oggi lo spazio che era guardato da porta Romana è piazza Garibaldi, snodo nevralgico del traffico cittadino tanto che, per agevolare l’ingresso al centro storico delle persone, si è costruito un sottopassaggio. Il via vai di gente e auto è continuo e le due costruzioni progettate dal Poletti, osservano indifferenti. Il mercoledì, giorno di mercato, la scena si anima ancor più con le bancarelle e pure il sottopassasso acquista una vita tutta sua con i venditori extracomunitari che stendendo a terra scampoli di tessuto ne fanno tavoli senza gambe per proporre le loro cose. Sono scene tipiche di un lungo periodo di pace, turbato marginalmente dai travagli economici globali come dai lontani echi di guerra che ci raggiungono tramite i mass media.
continua
foto di Cinzia Zanconi