Il rosso fiore della violenza VI puntata

di Matteo Ricucci

 Lettera

Il Cairo, 1 Agosto 1968

 

Miei cari Genitori

Mi trovo solo temporaneamente in Egitto, da dove presto partirò per una meta che devo tenere segreta: della lingua inglese non m’importa assolutamente niente. Il mio destino e i miei ideali mi hanno insegnato a parlare un solo linguaggio, quello della rivoluzione che non ha confini perché è parlata allo stesso modo in ogni angolo della Terra. Odio le ingiustizie sociali, lo sfruttamento dei deboli e l’illecito arricchimento e voi, purtroppo, non fate eccezione a questa brutta legge del Capitalismo mondiale. Per voi sarebbe stato meglio non avermi messo al mondo perché da me ricaverete soltanto dolori. La guerra che sto per dichiarare alla Società Capitalistica mi costringe a farmi estraneo e anche nemico della mia stessa famiglia. A questo punto potete anche considerarmi già morto perché non ci saranno mai più occasioni di rivederci. Comprendo d’essere brutale con chi m’ha sempre voluto bene, ma sono convinto che, se c’è da amputare, è meglio farlo nel modo più rapido possibile: la sofferenza sarà certamente minore. Se qualcuno vi chiederà mie notizie, io sono in giro per il mondo per conoscere usi e costumi di altri popoli. Ai miei grassi fratelli, legati alla greppia borghese, dite che io ho scelto povertà e giustizia. Non vi abbraccio e non vi bacio. Non più vostro, Alberto.

 

Papà e mamma Panizza, sopravvissuti alla terribile emozione, piansero, ogni giorno della loro non più lunga vita, la scomparsa del figlio prediletto. Pur avendo sempre sofferto per quella sua irrequietezza, mai segno alcuno era trapelato dal suo comportamento circa la sua intenzione di abbandonare la sua famiglia. I fratelli non capirono e nemmeno si sforzarono di farlo: tutti furono concordi comunque nel giudicarlo pazzo. E venne Settembre. Angela superò gli esami di riparazione e decise d’iscriversi alla facoltà di Scienze Politiche. La sua ansia di rivedere Alberto non conosceva requie, nonostante il duro lavoro che si era imposto. Un giorno incontrò Katia e, dopo averla abbracciata, le chiese con ansia: “Dov’è Alberto? Per favore dimmelo, altrimenti impazzisco!” – “Ci avrei scommesso che mi avresti fatto proprio questa domanda! Prima salutami e poi chiedimi dove sono stata in vacanza”.

“Perdonami Katia, sono davvero maldestra ma, credimi, questo pensiero mi ha tormentato per tutta l’estate. Va bene, allora dove sei stata di bello?” – “Dove sono stata io, non ha importanza, ma in quanto a dirti dov’è Alberto non posso aiutarti, proprio non posso!” – “Perché?” – “Semplicemente perché non lo so. Prima degli esami mi aveva accennato che sarebbe andato a Cambridge per frequentare un corso di lingua inglese, ma Giulia Albizzi, quella rossa tutta curve della Terza B, m’ha detto che di Alberto, a Londra, non ha visto nemmeno l’ombra”. – “Dove sarà mai?” – “E chi lo sa! Tu Alberto non lo conosci. Quello è libero come un gabbiano: vola per cieli che noi nemmeno osiamo immaginare. Di una cosa sono certa: tu ti sei innamorata dell’uomo sbagliato!” Angela scoppiò a piangere e si coprì il viso con le mani per nascondere le lacrime. “Ecco, in fatto di lacrime tu sei veramente la copia della ‘Madonna dei Sette Dolori’ ma su non piangere!Mica sono la Sibilla Cumana dal verdetto inappellabile, io! Posso anche sbagliarmi, no?” Disse Katia per incoraggiarla, ma in cuor suo era certa, molto certa di ciò che aveva affermato. “Dimmi, piuttosto, quale facoltà hai scelto?” – “Scienze Politiche” rispose Angela, tra un singhiozzo e l’altro. “Bene, sono contenta per te, io invece m’iscriverò a Sociologia. E dove hai intenzione di andare?” – “Non lo so ancora. Se sapessi quello che decide Alberto, ci andrei anch’io”. – “Non molli, eh?” disse sorridendo Katia. Angela fece di no con la testa. “Promettimi di dirmelo, se lo saprai dove si trova”. – “Te lo prometto. Ma io sarei più tranquilla se tu facessi come me: quando mi serve un uomo me lo prendo, lo uso e poi lo butto via come un limone spremuto”. – “Katia che dici!?” – “Che dico?! Affermo che sarebbe ora che le donne imparassero a usare gli uomini come sempre essi hanno fatto con noi, dalla notte dei secoli! Finché ci saranno ragazze come te, le femministe si batteranno vanamente, come Don Chisciotte contro i mulini a vento”. – “Non è colpa mia se mi sono innamorata proprio dell’uomo di cui meno mi sarei voluta innamorare. Sono certa che se un giorno accadrà anche a te, ti comporterai allo stesso modo”. – “Sarà molto difficile, io ho il cuore corazzato di ghiaccio. Ma sarà ora che rientri a casa se non voglio che quella tedescaccia della mia governante mi spari addosso una sventagliata di consonanti dentali da farmi cadere in frantumi, come un calice di cristallo!” Angela scoppiò a ridere. “Ecco, cara, questa è l’Angela che piace a me: il riso ti dona davvero!” – “Ricordati della promessa!” – “Stai tranquilla, me la ricorderò”.

continua

 

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