di Francesco Sabbatini
Consumo un pasto frugale come se fosse un rito propiziatorio prima di perdermi nei miei pensieri. Cammino nei campi tra l’erba ancora in fiamme, un fiume di filamenti fini e molteplici che cercano il contatto con ogni parte del corpo, desiderosi di trasmettere l’energia irradiata dal sole durante la giornata. Guadando questo fiume in cerca di risposte a domande rimaste impigliate nei germogli delle graminacee mi accingo a concentrarmi sul mio respiro. Isolo le ultime interferenze esterne proiettandomi interamente su questa dimensione. Ogni respiro è la scia dei momenti che divengono ricordi, frutto di un passato trasformante che vanifica ogni tentativo di eternizzare l’attimo. Mi lascio travolgere da questa cascata, il mix di odori e di umidità rende tutto più vivo e autentico. Un impertinente venticello mi sbuffa in faccia ricordandomi che c’è sempre qualcosa pronto a travolgere e a ostacolare la traversata verso la felicità. Perché non godersi quella brezza senza pensare all’urto metafisico che provoca all’anima? Mi lascio andare. Siamo io e te mentre speroniamo il vascello del demoniaco traghettatore di cattivi pensieri a suon di complicità ed emozioni. Voglio mostrarti qualcosa di puro che va al di là dell’apparenza che scava dentro e colpisce in pieno l’intimo più profondo. Niente di più. Puoi spiare dal buco della serratura o restare nascosta ad origliare dietro una porta di carta pesta impregnata di pregiudizi e schemi inanimati. Semplicemente basta viverlo.