Una questione di larghe intese
“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente… dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Questa è parte della scritta che sovrasta la porta dell’Inferno dantesco. Quell’uscio che dava accesso agli inferi sembra oggi acquisire sembianze umane attraverso la figura dell’ex Cavaliere. In lui (essendo uno e trino) coesistono il Belzebù dei giorni nostri, il satiro a caccia di ninfette e il terribile custode dell’Olimpo mediatico. Silvio Berlusconi: tanti amici e molti nemici. Oltre che politico e noto imprenditore, anche benefattore, guida “non proprio spirituale”, maestro per le giovani leve della politica. Quali i destinatari di queste buone azioni? La minorenne nipote di Mubarak di cui Mister Mediaset è stato il “papy” putativo, le Olgettine da lui stipendiate (2500 euro mensili) e testimoni super partes dei processi del Rubygate. Infine Matteo Renzi, iniziato ai piaceri del vero potere politico dal suo mentore di diversa appartenenza partitica e per questo accusato dai suoi di aver stretto intese con un “condannato”. Una sorta di Caronte, di Mefistofele, di Lucifero e… a volte di Virgilio (non si rivolti nella tomba quello vero!) che guida i “giovani oratori” nei meandri dell’ “inferno politico” con la mano esperta di chi conosce il turbinio feroce del mondo dei peccatori. Questo è Silvio Berlusconi. Per mezzo di lui, molti hanno perso la fede politica, alcuni l’hanno riacquistata, altri ancora hanno dato una svolta alla loro vita. C’è chi gli sta vicino con dedizione (Dudù), chi lo ha pugnalato alle spalle come accadde a Giulio Cesare (Valter Lavitola). Le donne hanno subito il suo fascino torbido e retrò, il fruscio del suo libretto di assegni, la mano protesa sempre verso i più deboli. Solo uno lo ha assecondato per liberarsi di altre anime dannate che hanno infestato la cosa pubblica con la loro presenza (i leghisti) e per farsi largo nella coalizione opposta alla sua: Matteo Renzi. Con il Virgilio di Arcore, il giovane premier ha stipulato “il patto del Nazareno” (nome della via dove è la sede del PD), una sorta di salvacondotto di Berlusconi a Renzi in cambio di condizioni inderogabili come la tenuta del suo partito e il via all’Italicum. Il giovane segretario del PD è il politico che piace al popolo, non temuto dai più anziani che non gli riconoscono la stoffa del vincitore. Ma stavolta Berlusconi ha trovato un suo degno erede, uno che, dandogli a bere le larghe intese, lo scaricherà fuori da ogni possibile intesa.
Raffaella D’Adderio