Le cose vecchie

di Lucio Del Gobbo

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I miei familiari mi rimproverano di mettere tutto da parte: “Troppo! Troppo! Non c’entriamo ormai più! Lo ammetto. È un mio difetto, ma può esser visto anche in positivo. Per esempio, i giornali, vorrei abituarmi a leggerli un anno dopo la loro uscita. Qualche volta ci provo: sapeste quante cose mi insegnano! Le promesse non mantenute, le paure dimostratesi infondate, le simpatie svanite, le antipatie sorte o confermate, i matrimoni e i divorzi di breve durata, le epidemie dette per allarmare la gente, i vaccini propagandati per fare soldi, le ragioni “sacrosante” rinnegate persino da chi le aveva avanzate, le cadute e le rinascite….E poi la cronaca spicciola, quella che, seppur destinata a un consumo giornaliero, qualche volta tende a imporsi come storia, storia reale, storia di un malcostume che resiste, che ha tempi lunghi, difficile da rimuovere. Sì, forse è proprio il peggio che tende a durare di più. E che dire delle scarpe, le camicie, i pullover? A quelli fatti in Cina con firma italiana che ho acquistato ieri, preferisco il paio di scarpe vecchie che tengo in soffitta e che non ho il coraggio di buttare. Avevo 20 anni… quanta strada fatta insieme! quante piccole avventure… e che qualità di cuoio e di suola! Sono comunque le più comode. Valla a trovare oggi quella onestà..! Ebbene, le cose vecchie mi servono a considerare questo e altro. E non mi impediscono di poter sperare persino in un rinnovamento. Allora, chi può confutarne l’utilità?

 

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