Quando la tombola era uno show

di Cesare Angeletti

tombolata

 

Una volta nelle case dei contadini, dall’8 dicembre fino al 6 di gennaio, c’era l’usanza per le tre o quattro famiglie del vicinato di ritrovarsi in una casa, subito dopo la cena, verso le 19:30, per giocare a tomboletta. Si faceva a turno: ogni sera una casa. Gli uomini andavano di sotto, nella stalla, scaldati dal fiato delle vacche e dai vari giri di ponce bollente al rum, mentre il resto della famiglia stava in cucina a giocare alla tombola. Non c’era il bingo meccanico di oggi, che ghjrènne la manovella caca li nummiri. Allora c’era lu sacchittucciu co’ drendo le palline, 25 cartelle giuste per non avere vincite doppie e il cartellone che adèra ‘n pezzacciu de carto’ co’ sopre stambati li nummiri. Le palline, prima rotonde poi, in tempi a noi più vicini, piatte, avevano sopra i numeri, prima scritti a penna poi stampati. L’incaricato all’estrazione dei numeri prima rovesciava il sacchetto e metteva le palline sul cartellone, sopra il numero corrispondente, per controllare che ci fossero tutti i numeri, poi le rimetteva nel sacchetto e iniziava la vendita delle cartelle. Chidù le pijava comme vinìa, artri, superstiziusi, vulìa solo quelle co’ li nummiri, sicunno issi, furtunati… e cuscì ce scappàa subbito ‘na cagnara! Poi tutto si sistemava e la vergara metteva sul tavolo ceci e fagioli per segnare sulle cartelle i numeri estratti. E diceva: “Ve ‘vverto che quisti è stati trattati co’ l’antiparassitariu e se ve li magnéte ve farà vinì’ la cacarella!” Magari non era vero ma, almeno, serviva per non far mangiare ai bambini i legumi segnapunti. Chi estraeva i numeri divideva i soldi ricavati dalla vendita delle cartelle e li destinava ai premi: ambu, ternu, quaterna, cinguina, jicina e tommola. A volte si decideva di giocare d’azzardo e si metteva in palio un solo premio che era detto “lu tommolò” e chi faceva tombola per primo si prendeva tutto. La “cacciata” dei numeri era un vero spettacolo e se quello che aveva l’incarico ci sapeva fare, con le definizioni di ogni numero uscito, facìa rride’ a tutta la combagnìa! Infatti ogni numero aveva un suo significato, una definizione precisa, che più o meno, era valida per il territorio provinciale, ma altrove i significati potevano essere diversi. Facciamo qualche esempio tra quelli che, ricordati tra le persone più anziane, sono i più conosciuti: 1 lu picculittu; 11 li zippitti; 22 le paperette; 23 busciu de cu…; 33 l’anni de Cristo; 77 le gamme de le vecchje; 90 la paura. Accadeva spesso che chi cacciava li nummiritti fosse il più mattacchione della famiglia per cui, con la successione dei numeri estratti, con i loro significati e con tanta fantasia, era in grado di costruirci una storia. Se i numeri usciti in sequenza, per esempio, fossero stati 56, 54, 42, 52 e 85, lui, detto il primo attendeva di vedere il successivo per avere la possibilità di collegarli con le parole. Ecco la storia che ne poteva venire fuori: 56 (lu ‘nfrosciatò’) “Avìa fatto u’ ‘nfrosciatò’ e…”; 54 (lu cappellu) “lu cappellu j’era cascatu drento lu fossu…”; 42 (lu caffè) “allora, pe’ tirasse su, jétte a pijà’ ‘n caffè…”; 52 (la matre) “rriàtu a casa la matre…”; 85 (l’anime sante de lu purgatoriu) “fece ‘na supplica all’aneme sante de lu purgatoriu che lu facèsse doventà’ ‘n moccò meno stupètu pe’ l’avvinì!” A questo punto scoppiava una risata generale e si riprendeva a estrarre i numeri cominciando una nuova storiella o continuando con la stessa. Quando arrivava la combinazione giusta il fortunato vincitore sgagghjava co’ tutta la forza: ambu! ternu!quaterna…e partiva la sfilza dei commenti: “Ahò, vigne sempre issu! – Madonna de Loreto a issu j’hi fatto la grazia, vidi ‘n bo’ de recordatte anghj de me! – E’n gorbu che cu… che ci-hai!” e altre simpatiche amenità. Non appena qualcuno faceva la tombola i commenti erano ancora più pepati. Chi, vincendo, aveva riempito la sua cartellina uno per volta leggeva tutti i suoi numeri e lu tommolaru, una volta che li aveva controllati, diceva che erano usciti tutti al che il fortunato prendeva i soldi della vincita e il gioco ricominciava daccapo. La partecipazione era viva e vivace. Le vecchie soprattutto, che avrebbero voluto sempre vincere, erano delle accanite giocatrici e ogni volta ricontavano i soldi per sapere quanto avevano vinto. Erano tutte contente anche se le cifre vinte erano davvero una menchjonerìa. Se invece avessero perso ce se pijava ‘na pena e il loro rammarico era così evidente che venivano prese in giro da tutti. La tombola era ed è un gioco che, cacciando solo i numeri, senza dire nulla, è una vera e propria ruttura de p… ma se il “cacciatore” ci saprà fare i giocatori saranno più partecipi, il gioco diventerà divertente (o come si dice oggi: altamente socializzante) e aiuterà a stare insieme in serenità e allegria, per fare festa senza ubriacarsi o, peggio, ‘mpasticcasse come, a volte, oggi può capitare.

 

 

A 4 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti