Tesori maceratesi nascosti con cura

di Siriano Evangelisti

risorgimento

 

Il Museo del Risorgimento, centenario, è costretto da sempre e suo malgrado a comportarsi come un fiume carsico, che ogni tanto appare in superficie per poi inabissarsi nel terreno e riapparire più in là, a chilometri di distanza, e così via fino al mare. Nato nel 1905, in occasione dell’Esposizione regionale marchigiana a opera e cura di Giovanni e Domenico Spadoni, ricco di materiale di ogni tipo, dai documenti alle stampe, ai ritratti dei patrioti, alle armi, alle medaglie, come ben documenta il catalogo redatto nel 1965 da Dante Cecchi e Amedeo Ricci: un volume di 264 pagine che racconta, con il materiale presente nel Museo, la storia del Risorgimento in modo esauriente. Ebbene, un Museo simile, nei 108 anni di vita, non ha fatto altro che tener fede al suo nome: infatti è “morto” e “risorto” ben tre volte, perché chiuso all’inizio della I guerra, risorto il 1927, chiuso all’inizio della II guerra, riaperto nel 1949, richiuso dopo pochi anni, riaperto nel 1961 con un moderno allestimento curato dall’architetto Marone Marcelletti. Anche questa volta, però, e se ne ignora il motivo dato che non c’erano guerre mondiali in corso, il materiale venne riposto dopo poco tempo negli scatoloni, in attesa della quarta e definitiva ri-ri-ri-ri-apertura… di là da venire. Ricordo che nel Consiglio dei Curatori della Biblioteca si parlò a lungo di una collocazione nell’altana, da poco egregiamente sistemata a cura e a spese dell’architetto Mario Crucianelli. Il progetto rimase lettera morta anche se nel frattempo erano pervenute diffide da parte della Soprintendenza ai monumenti di Urbino, che minacciava di portare tutto in quella città, vista la colpevole inerzia dell’Amministrazione comunale, che continuò a fare orecchi da mercante. Gli anni sono trascorsi e anche nel 2011, con il centenario, gli scatoloni sono rimasti ostinatamente chiusi: solo qualche bel pezzo è stato mostrato al piano terra della Biblioteca. Erano documenti importanti che testimoniavano la ricchezza del Museo sepolto e l’interesse che avrebbe suscitato in città e non solo, se fosse tornato alla luce in coincidenza delle feste del centenario. Del resto in quella data i locali del palazzo dov’è allocata la Biblioteca erano completamente liberi: Il materiale, il catalogo, i pannelli e le vetrine c’erano: bastava lo sforzo di riaprire gli scatoloni e rimettere le cose al loro posto… Si dirà che il modo di esporre il materiale era superato, che bisognava riorganizzare il tutto in maniera moderna, il che sarebbe costato denaro che non c’è e via dicendo: resta il fatto che se le cose si vogliono fare si fanno anche in tempi di carestia. Ora un’altra occasione per ricordare il Risorgimento e riaprire il Museo si presenterà nel giugno del 2017, per il bicentenario del primo moto carbonaro in Italia, avvenuto proprio nella nostra città, nella notte tra il 25 e il 26 giugno 1817: un fatto ricordato in tutti i libri di storia, che anche se non fu eclatante (poche schioppettate e nessun morto) costò molto caro agli organizzatori, perché l’Amministrazione pontificia aveva ben compreso il forte significato politico e morale del movimento insurrezionale. Mancano dunque quasi quattro anni alla ricorrenza, i tempi sono certamente lunghi ma la nostra Amministrazione ha dimostrato di voler tener fede al detto manzoniano “adelante, con iudicio” (ogni riferimento alle piscine, al palazzetto dello sport, al sottopasso di via Roma, al parcheggio di Rampa Zara eccetera eccetera.. è puramente casuale. E chissà se per l’occasione non rispunterà alla chetichella, in qualche piazzetta o slargo dimenticato della città, l’opera del maestro Pannocchia, dedicata al Risorgimento, attesa dal 2011 e riposta anche questa, idealmente, in uno scatolone… ovviamente extralarge!

 

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