di Giorgio Rapanelli
Avevo letto che agli “Antichi Forni” di Macerata ci sarebbe stata una manifestazione artistica con la solita mostra di quadri, sculture e altre forme d’arte non definite, come rappresentazioni poetico – teatrali. Solita roba, pensavo. Non volevo andare. Poi, leggevo della partecipazione di alcuni pittori amici, della presenza di Fernando Pallocchini, direttore de “La Rucola”. La rucola a me piace molto nell’insalata mista. Cosa sarebbe un’insalata mista senza la rucola? Cosa sarebbe la vita culturale a Macerata senza “La Rucola”? E neppure mi potevo perdere l’incontro desiderato da anni con Tamara Moroni, la contestatrice storica i cui interventi puntuali leggevo on line. Sarebbe potuta essere la nostra parlamentare solo se fosse andata in lista col Movimento 5 Stelle e non con altri… Mi aveva chiesto il permesso di poter utilizzare alcune sequenze di miei filmini sulla vita dei cittadini della Corridonia degli anni ’60, trasformato in dvd, da proiettare; permesso accordato con piacere: come si potrebbe dire di no ad una Tamara Moroni, che prima accosta e poi mena?
Facendo forza sulla mia pigrizia senile sono andato e ho visto che mi ero introdotto in una gabbia di matti: cosa allucinante in un luogo dove si fanno iniziative culturali e artistiche serie e burocratiche. Infatti, delle persone serie e dei politici burocrati di Macerata neanche l’ombra alla luce delle lampade elettriche. Le ho cercate nascoste da qualche angolo: niente. Veramente, ho salutato la consigliera comunale di Macerata Deborah Pantana. Ho sempre l’impressione di vederla in giro… Magari è una proiezione della mia mente. Fisicamente – poiché l’ho tastato a lungo, tanto sembrava impossibile – c’è stato in diverse serate l’assessore provinciale Sport Bianchini, detto Massimiliano. Sarà un filibustiere come politico, come da struttura mentale dei politici, ma è intelligente e pratico. Sarebbe un ottimo musulmano…
Mi sono perduto la performance di Sara Bruni, con la quale avevo confabulato nell’oscurità dello scantinato di fronte ala luce dorata dei suoi quadri “arancioni”. Come non ho assistito alla distruzione del lavoro da monaco tibetano di Franco Tartuferi, che ha realizzato in diversi giorni un “mandala”. Strani questi orientali: fanno dei capolavori con granelli di sabbia colorata per poi distruggerli per dimostrare che tutto il mondo materiale è non permanente… Per fortuna che Raffaello non era un tibetano. Infine, occorre dire che i bambini presenti si sono divertiti, tatuandosi il volto con deliziosi disegni. Su tutto vigilava l’artista Javier, con coppola e barbone da patriarca israelita.
“Arte in movimento” potrebbe essere definita la manipolazione della pasta di lievito naturale, operata da Tamara Moroni. Lei dice che quel lievito è vivente. Ma ci metteva anche le sue vibrazioni eteriche. Pure il marmo della Pietà di Michelangelo ha cambiato le sue vibrazioni eteriche dopo che Michelangelo ci aveva messo le mani. Quindi, Tamara più impastava il lievito e più quello cresceva in volume. Donne curiose per chissà quali fini prendevano appunti dalle lezioni di Tamara su come fare crescere la pasta lievitata. Le madri di una volta dicevano “figlia mia, il marito te lo conquisti a letto, ma te lo mantieni a tavola”. Tamara non avrebbe bisogno della tavola, ma i consigli della saggezza materna rimangono legge. Sempre.
Cosa ha voluto dirci Tamara Moroni in una conferenza sulla memoria del tempo? Dimostrare che con quel “visi aperti, quei sorrisi per strada, quelle piazze con persone vive e vere, che appaiono sul filmato di Corridonia possiamo riappropriarci di spazi comuni, dove la parola, la dialettica, tornino a essere fermenti vitali per una reale crescita individuale e sociale”. Un sogno ormai morto per sempre. Oggi, tutti noi – i giovani in particolare – siamo condannati alla solitudine per una mancanza di comunicazione con contatto diretto, quando i flussi comunicativi avvengono tramite una macchina e senza avere la possibilità di guardarci negli occhi.
Infine – l’ho lasciata in fondo – è la mia scoperta di una poetessa, Morena Oro, che ci ha fatto rimanere di stucco con l’agilità del suo corpo, con cui si “scutulava” – uso un termine popolano in uso di queste parti per dire che si rivoltolava agilmente sul pavimento – avvoltolando la svelta figurina in fogli di nailon trasparente, mentre recitava i suoi versi con la faccia più tosta del mondo. Un chiaroveggente avrebbe visto intorno al suo capo una nube di un giallo brillante. Ho avuto l’impressione che il volto della poetessa emanasse un chiarore dorato al posto del rossore tradizionale dello sforzo e dell’emozione nello sforzo di porgersi nel brusio delle sale. Impegnato a mirare l’esteriorità “gold” di Morena, coadiuvata dalle ottime Laura Capogrosso e Valentina Antinori, non ho messo attenzione sulle poesie recitate. Certa di farmi piacere Morena mi ha dato il suo libro di poesie, “Autopsia del mio demone”. Il volume è commentato da riproduzioni di dipinti e di grafica di Sergio Padovani, Roberto Milano, EdgaR, Claudio Fazzini e della stessa Morena. Un commento visivo in linea con la poesia “astrale” di Morena Oro. Il “piano astrale”, più sottile e invisibile del fisico, è quello delle emozioni e degli impulsi personali, che formano la “personalità” dell’individuo, detta pure “la maschera”. Ce ne sono di altri piani più sottili, ai quali Morena e i suoi amici pittori tentano di andare. Purtroppo, probabilmente non li conoscono e non hanno la tecnica per penetrarli: però, anch’essi ci vanno sempre di notte, quando dormono. Al risveglio interpretano quei “sogni” traducendoli in produzione artistica. Tra le religioni tradizionali solo il Corano ne parla: “E’ Dio che vi richiama a sé di notte e sa ciò che avete fatto di giorno; poi vi risusciterà al mattino perché si compia il termine fisso della vostra vita… Le anime che non muoiono se le riprende durante il sonno…”. Non ci credete? Io non ho bisogno di crederci, poiché ci vado.