di Cesare Angeletti
Può sembrare strano ma, oltre alle varie statue dei vari Santi che erano in giro per la chiesa, ce n’erano, quasi sempre, due in sacrestia. Una stava in uno degli armadi ed era a grandezza naturale ma senza testa. Voi mi chiederete: “E come mai?” Beh! La risposta è semplice, perché di teste in un ripiano nell’armadio ce n’erano diverse e sotto, appesi alle stampelle, c’erano tanti vestiti per quanti erano i volti. Ora la cosa è ancora meno chiara? No. In effetti le nostre parrocchie, in linea di massima, non potevano permettersi tante statue quanti erano i Santi da celebrare nell’arco dell’anno e allora ricorrevano a questo pupazzo che, di volta in volta, cambiando testa e vestito, diventava il Santo o la Santa da portare in processione. La venerazione dei Santi Protettori era veramente radicata nella mente e nel cuore dei nostri nonni, soprattutto delle nostre nonne e per ogni occasione o ogni necessità c’era un Santo adatto ad aiutare e proteggere. Sant’Anna protettrice delle partorienti, perché madre per eccellenza; dei minatori, perché dal Suo Ventre benedetto aveva tratto il più grande tesoro mai trovato e di altre due categorie di lavoratrici, ricamatrici e lavandaie perché da ragazza aveva fatto anche lei quei mestieri. Sant’Antonio Abate protettore, indiscusso e osannatissimo, degli animali, Sant’Antonio di Padova protettore delle donne rimaste zitelle, Santa Lucia curatrice della vista. Questi i più noti ma si potrebbe scrivere un libro sia sui tanti Santi che su come, in ogni occasione, anche la più futile, essi venivano chiamati in causa continuamente dalle nostre massaie. A molti dei Santi del calendario era reso omaggio, nel giorno della loro festa, con celebrazioni in chiesa e con la processione. Avere tante statue da portare in giro avrebbe significato non solo un problema di spesa ma anche di immagazzinaggio e allora si ricorreva al pupazzo a più facce e più abiti che, però, per rispetto ai Santi “veri” era tenuto in sacrestia. Ora non credo che di questi pseudo santi “plurifunzioni” se ne trovino più ma un bell’esemplare, anche se una parte del corredo è andata persa, è conservato al museo comunale di Potenza Picena. L’altra statua che stava in sacrestia, le cui dimensioni variavano secondo le possibilità economiche della parrocchia, era coperta da un drappo. Questa statuina, comunque venerata anche se velata, era quella della Madonna della Pioggia. Se la stagione fosse stata meteorologicamente corretta la statua sarebbe rimasta coperta; se, invece, la siccità fosse perdurata oltre i limiti si sarebbe scoperta la statua, si sarebbe portata in chiesa e si sarebbe fatto, con grande devozione, un triduo: tre giorni di preghiere. Se ancora non fosse piovuto il triduo diventava una novena, nove giorni di preghiera ma continuando ancora la siccità si metteva la statua della Madonna della pioggia sulla portantina e si organizzava una solenne processione. Questo perché si credeva che Lei, la Vergine Madre, in tal modo avrebbe visto la reale situazione dei campi riarsi e quindi, secondo il modo di credere dei nostri nonni, avrebbe mandato subito la pioggia. Ora potreste chiedere: “Ma succedeva?” Spesso si! E la domanda conseguente: “Avveniva un miracolo?” Beh! Qui le risposte sono due. Alla luce del modo di credere delle nostre nonne, sì! Alla luce invece della razionalità la spiegazione era un’altra. Siccome ci si riduceva a “tirar fuori” la Madonna della pioggia, quale “extrema ratio”, quando la siccità si era già protratta per un periodo molto lungo era logico che, alla fine, piovesse. Se le due cose, per caso, come era anche logico, coincidevano allora i nostri avi rafforzavano, con gli esempi concreti, il loro modo di credere che l’uscita della Madonna della pioggia fosse stato il motivo unico dell’avvenuta pioggia ristoratrice. Poi, fatto il Suo dovere di Madre sempre pronta ad aiutare i suoi figli, la statua veniva riportata in sacrestia e ricoperta sino alla prossima secca. Chissà però che, visto il trattamento, quella a essere la più secca..ta di tutti non fosse proprio Lei?