di Cesare Angeletti
I nostri vecchi non disponevano di satelliti che giravano intorno alla Terra, anche se qualche cosa che… girava l’avevano anche loro, visto il duro lavoro che dovevano fare sulla terra altrui! Così, per fare le previsioni del tempo avevano diversi modi. A issi la natura e le cose de la tera je parlava. A esempio… per sapere come sarebbe stata l’invernata disponevano di due segnali: le còe de li vucintù scavate in terra e le cacciate de li rùi. Per quanto riguarda le tane dei calabroni, prendevano una zeppa e controllavano quanto fossero profonde: più il bastoncino s’infilava nella terra e più lungo sarebbe stato l’inverno. Invece, se i germogli dei rovi fossero stati corti l’invernata sarebbe stata mite, più lunghi avrebbero significato un pessimo tempo. All’inizio dell’anno c’erano due sistemi per fare le previsioni del tempo: le cipolle e li ghjorni contarini. La notte dell’ultimo dell’anno si poneva sul davanzale della finestra una cipolla bella grossa; il mattino dopo questa si tagliava a metà e a ogni giro corrispondeva un mese. Se il giro della cipolla fosse stato bagnato il mese corrispondente sarebbe stato piovoso, se gelato il mese avrebbe avuto freddo e neve; se asciutto sarebbe stata una bella mesata e così via. Bastava prendere appunti per conoscere il tempo di ogni mese per tutto l’anno. Per i giorni contarini funzionava così: il primo gennaio rappresentava lo stesso mese e lu vergà’, co’ l’abbése scriìa su un pizzittu de carte com’era stata la giornata (es: mattino – cattivo tempo; mezzogiorno – discreto; sera – nevoso), in questo modo sapeva che i primi 10 giorni del mese sarebbero stati brutti, la seconda decade discreta e la terza pessima. Il 2 corrispondeva a febbraio e così di seguito fino al 12; poi dal 13 faceva il percorso inverso (13 dicembre, 14 novembre ecc.) Alla fine, il 26 gennaio, scorrendo gli appunti aveva l’indicazione di come sarebbe stata l’annata. Ci si chiederà: “Ma ce ‘cchjappava?” Ebbene, ci sono persone che ancora lo fanno e sui quotidiani di Macerata ogni anno, quarche joenottu, copiando da Giovanni Ginobili tira fuori la faccenda spisso sinza sapé’ de che parla e scrive certe fregnacce che Dio solo lo sa. Comunque la risposta è: “Scì, ce ‘cchjappa abbastanza!” C’è ancora da dire che i nostri vecchi, istruiti dal padre e dal nonno, sapevano leggere il cielo e i fenomeni naturali. I venti, a seconda della loro direzione, dicevano del tempo che sarebbe venuto; le nuvole, secondo la loro forma, suggerivano quanto sarebbe accaduto. Da qui i proverbi, che s’adè sempre più ‘rrovustiti, con il passare degli anni.