di Raffaella D’Adderio
Non ce la facciamo proprio a uscire dal pantano. L’Italia è rimasta seduta, piantata in uno stato di immobilità irreversibile e, come in una partita a scacchi, si trova in una situazione in cui non ha più mosse a disposizione pur non trovandosi (ancora) in scacco matto. Il nostro paese non ce la fa ad avere un Governo, non riesce a eleggere un Presidente della Repubblica nemmeno dopo molteplici votazioni, le coalizioni politiche più forti hanno difficoltà a scegliere un leader che vada bene alle loro stesse componenti e a trovare accordi di intesa. Il bel paese svetta ai piani alti per una pressione fiscale che lo porta al secondo posto in Europa, si distingue per aver portato alle estreme conseguenze il “concetto di mobilità” lavorativa con un incremento di disoccupati cronici, esodati e intere aziende non retribuite dalla Pubblica Amministrazione. Un altro primato mette in luce amministratori di Enti locali e uomini politici di fama nazionale. Essi eccellono nella ostentazione di una virilità solo esibita: sono in competizione continua per assumere posizioni di prestigio, per scalzare concorrenti più qualificati, per marcare il territorio dove ambiscono farsi largo nuove e più giovani leve, per dribblare l’ascesa di esponenti del gentil sesso relegandone le rappresentanti a ruoli di contorno. Gli stalloni del mondo animale dimostrano una eccellente capacità riproduttiva, mentre quelli appartenenti al genere umano politico palesano tronfi le proprie virtù, ma hanno forti propensioni involutive.