Ma certo, l’U.E. è un “dejà vu”

Per una possibile riscrittura del

“periodo buio”

pipino

 

Giocare a mettere in evidenza alcune contraddizioni e le ragioni di queste, nella interpretazione della storia alto-medievale, può talvolta essere anche divertente, ma diventa sterile se non è seguito da una sintesi attiva che rispetti cioè il vecchio adagio “la storia è maestra di vita”. Allora, propongo un “flash” su una situazione già vissuta dall’Europa che oggi è quanto mai di attualità, nel contesto della globalizzazione intercontinentale. Questo è il panorama: una grande regione in pratica quasi un continente, unito da una rete di centri di divulgazione della conoscenza, da una lingua comune perché non è la lingua di nessuno e tutti la possono usare, non come madre lingua, ma come seconda lingua per comunicare con il resto del mondo. Ciascun gruppo etnico, all’interno di un sistema senza particolari barriere e senza precisi confini territoriali, vive le proprie abitudini ed espressioni culturali e, quando gli appartenenti a due etnie si incontrano per un atto formale, il notaio annoterà diligentemente quale “lex” i comparenti professano e rispettano. Lo stesso nei matrimoni interetnici: i coniugi si obbligano reciprocamente alla educazione della prole secondo una di queste leggi consuetudinarie. Il Capo, prima di essere Re o Imperatore è un “primo fra i pari”: un prefetto, un Maggior Signore che per prendere grandi decisioni convoca un sinodo fra signori paritetici. Questo avviene in ciascuno dei comprensori etnici, fra i quali, in continuo movimento, spenderà quasi l’intera esistenza. Si, questo stato comunitario, non ha una vera e propria capitale, non c’è una vera e propria supremazia esercitata a distanza, c’è invece il carisma del sapere, della forza e della determinazione, nel rispetto, quasi mai coatto, di quelle valenze locali che oggi diremmo Regionali. In politica estera esiste la ricerca dell’accordo e dei valori comuni nel rispetto delle diversità. Prìncipi e Regnanti di paesi esotici, di diverse fedi e diversa cultura, sono ricevuti a palazzo, scambiano doni, con grande pragmatismo e lungimiranza si fanno accordi commerciali e, senza tentennamenti, si puniscono i crimini operati contro la comunità o contro i singoli. La conoscenza è considerata, molto di più che la forza, anche se questa è purtroppo necessaria, come elemento indispensabile della crescita personale e collettiva. Si perfeziona una scrittura e si raccomanda l’istruzione. Queste figure di condottieri che si tramandano di padre in figlio per cinque generazioni lo stesso compito e arrivano a questo risultato eccezionale, provengono dalle grandi pianure nordorientali, sono nati in centro Italia, ma non sono di etnia e di radici culturali prettamente italiche, ma neppure completamente norrene, le loro principesse non sono del loro sangue ma sono scelte fra le popolazioni viciniori. I nuovi venuti si amalgamano con le popolazioni locali e ne assorbono la millenaria cultura, adattandola alle loro consuetudini e rafforzandola là dove la conquista romana ha lasciato tracce sensibili sul territorio: la propongono, non la impongono, a tutto lo scenario dell’Europa che così Europa non è stata mai. Che l’Imperatore possa essere nato a San Ginesio e morto ad Aquisgrana in val di Chienti, può essere importante solo per la storia locale, ma assolutamente ancillare a quanto l’Imperatore degli europei riuscì a realizzare nei suo infaticabile peregrinare per la nostra terra europea. La nuova ipotesi per una possibile riscrittura del “periodo buio” della storia d’Europa, può essere riveduta con gli strumenti della più moderna analisi scientifica e col supporto una volta impensabile della comunicazione in rete. La rianalisi di tutte le manifestazioni della cultura sia materiale che documentale, non deve muovere dall’idea di “spostare” da un’altra parte una decina di toponimi e ritoccare altrettante date, ma mettere nella giusta evidenza quei valori culturali e di vita che, non possiamo dimenticarlo, postularono, agli albori del secondo millennio della nostra era, la “crescita sostenibile” dell’ Europa, ovvero le basi economiche e demografiche per il prosieguo vigoroso della rinascita e poi della diffusione globale della cultura del “vecchio continente”.

di Medardo Arduino

 

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