Lauro Rossi: Un tram che si chiama desiderio

di Raffaella D’Adderio

 

marchioniUn eccellente Vinicio Marchioni rende giustizia alla sapiente regia di Antonio Latella, nella versione teatrale di “Un tram che si chiama desiderio”. Quest’opera in prosa sembra un vero e proprio laboratorio teatrale: Latella rielabora la struttura filmica, la rianalizza tutta spogliandola dei fregi da film hollywoodiano (di cui rimane solo l’icona di Marlon Brando stampata sulle t-shirt del protagonista) e la concentra sulla psicologia dei personaggi, che diventano anche scenografia e costumi. In scena: lo scheletro del letto, della sedia, del frigorifero sono tutti rigorosamente in legno. Gli attori riempiono i mobili della loro fisicità e della loro caratterizzazione psicologica, diventano un tutt’uno con i pezzi d’arredamento che, così, sembrano prendere vita. I protagonisti si cambiano in scena e lasciano intravedere corpi levigati e gradevoli che si muovono al ritmo di musica rock. Ritroviamo anche in questo spettacolo un tratto tipico delle regie di Latella: scenografie minimali con mobili che sono quasi attrezzi da palestra, su cui gli attori si muovono come dei veri ginnasti. Gli attori di Latella sono corpo e anima: nelle movenze concitate dei loro fisici passa e trapela la loro sofferenza, l’angoscia, la gioia, la sensualità, l’emotività. Il tutto arriva con forza al pubblico, che rimane rapito, quasi ingoiato da un’atmosfera surreale e vera al tempo stesso. Altri particolari colpiscono l’attenzione: le luci stroboscopiche puntate manualmente sui protagonisti a mò’ di occhi di bue dagli stessi attori e verso il pubblico, i microfoni presenti in scena utilizzati dagli attori per amplificare la loro voce e presentarsi come delle vere rock star. Una novità assoluta: la presenza di un regista che si muove in scena quasi in punta di piedi (Rosario Tedesco), come se fosse una voce fuori campo, suggerisce battute e movenze agli attori attraverso un auricolare e a volte li incita, altre li coccola, in altri momenti se ne sta zitto. Un altro personaggio in scena ha la funzione di deus ex machina (Annibale Pavone), è una specie di ru morista (è suo il miagolare di un gatto non presente in scena) ed è lui a dar voce ai pensieri inespressi dei protagonisti. Rende visibili le loro riflessioni e i loro drammi interiori attraverso il suono roboante della voce, restituita

dal microfono come in un concerto musicale. Nella struttura nuda dei mobili di scena si rispecchia anche la costruzione dello spettacolo teatrale: Latella mostra al pubblico cosa c’è dietro il risultato finale e lo fa senza risultare pedante né rallentando il ritmo dello spettacolo, che resta alto fino alla fine. Ne risultano prove attoriali eccelse: dall’intensa Laura Marinoni, a Elisabetta Valgoi, a Giuseppe Lanino, sino a Vinicio Marchioni. E’ lui il protagonista indiscusso dello spettacolo, né imitazione né parodia di Brando, ma unico, credibile con quell’accento polacco appena accennato e per come fa brutale il personaggio. Marchioni rende vero un personaggio così privo di equilibri (Kowalski) senza rischiare sbavature. L’attore è così imponente in scena quanto alla mano di persona.

Hai collaborato con Ronconi, Marini e ora Latella. Abbiamo apprezzato la regia di Giuseppe Marini per “La Locandiera” al Lauro Rossi. Che tipo di regista è? –“Una persona fondamentale per me. E’ stato il mio inse-gnante di recitazione. Da lui ho imparato la disciplina, l’abnegazione per lo studio, l’approfondimento dei temi”.

E Latella?-“Ha un amore incondizionato per gli attori. Lavorare con lui è una scoperta continua: ti guida e ti stimola a trovare tutte le stratificazioni, i sensi possibili e quelli inimmaginabili nascosti nel substrato di un’opera o della performance stessa”.

Dove speri ti porti il tuo tram?-“Mi sento già fortunato e ringrazio il cielo ogni mattina per le opportunità che questo lavoro mi ha concesso. Posso solo augurarmi di continuare così sia al cinema che in teatro”. Prima di salutarci Marchioni ci dà appuntamento al cinema. “Il 7 marzo uscirà la commedia Amiche da morire in cui avrò vicino Claudia Gerini, Cristiana Capotondi e Sabrina Impacciatore, il 17 aprile sarò in Passione sinistra per la regia di Marco Ponti, con un ruolo minore ma prestigioso per me nel film Miele, prima esperienza registica di una brava Valeria Golino e al fianco di attori come Carlo Cecchi e Jasmine Trinca”.

 

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