di Umberto
Il bambino avrà avuto 8 o 9 anni, la sua famiglia era povera. C’erano le vacanze di Natale e una vicina, benestante, lo invitò a giocare con i suoi quattro figli e un altro paio di amichetti. Il ragazzino andò senza soldi, anche perché per giocare tra bambini in genere non serve denaro. Si divertivano a nascondino e a lui, che era mingherlino e lento nei movimenti, facevano sempre “tana!”, quindi doveva correre di continuo per scovare chi si nascondeva chissà dove, dato che la casa era molto grande. Fu poi la volta della tombola. La padrona di casa distribuì le cartelle, al ragazzino ne fu data solo una, gli altri ne avevano di più. La probabilità che i figli vincessero era elevata, mentre quella che potesse vincere il bambino era piuttosto scarsa. “Cinquina!” e uno dei figli si accaparrò il premio. “Decina!” il fortunato fu un amico. Il ragazzino non era però sconsolato, dato che gli mancava un solo numero per fare tombola. Uno ne mancava anche a un figlio della signora e questa stava dando l’idea di sbirciare dentro il sacchetto per scovare il numero mancante al figlio. Uno degli amici, piuttosto ciarliero e coraggioso, osservò che non si poteva guardare dentro… La signora alzò lo sguardo al soffitto ed estrasse il numero 40… “Tombola!” esclamò il ragazzino. La signora fece una smorfia, controllò i numeri sulla cartella del vincitore e sentenziò: “Sembra che tu abbia vinto, ma non puoi ritirare il premio perché non hai pagato la cartella, che ti è stata data solo per farti stare insieme con gli altri. Io continuerò a estrarre i numeri e così vedremo chi sarà a fare la vera tombola”. Il ragazzino, senza dire una parola, capì che gli era stata fatta una grossa ingiustizia. Si alzò, aprì la porta e disse solamente: “Io vado a casa”.