Differenza sostanziale tra il matrimonio nella Chiesa cattolica e nella ortodossa

Le Chiese ortodosse applicano ai divorziati il detto dell’apostolo Paolo: “Meglio sposarsi che ardere”, anche in seconde nozze, ma… non è vero matrimonio. Un eccellente frate, studioso di teologia, ha spiegato durante l’omelia le differenze tra il nostro matrimonio e quello ortodosso. Una omelia che ci fa guardare un po’ indietro, quando anche da noi il matrimonio era una cosa seria.

Oggi, le coppie sono talmente fragili che non fanno neppure più il matrimonio in municipio. Vanno a vivere insieme non santificando l’unione e per un nonnulla si separano. Spesso anche odiandosi e maledicendosi. Le maledizioni sono frutto del Maligno. Nel nostro mondo occidentale il matrimonio non ha mai attraversato un momento buio come l’attuale: ci si sposa con leggerezza, si litiga per un nonnulla e ci si divide. La Chiesa ha anch’essa la sua colpa avendo scelto di offrire un processo di annullamento che talvolta  ha il carattere di una farsa a pagamento, che fa concorrenza al divorzio dello Stato.

Ben diversa è la situazione nella Chiesa orientale ortodossa, dove il matrimonio è solo uno. La Chiesa ortodossa quando una coppia si divide non emette una sentenza giudiziaria, ma semplicemente constata il venir meno dei presupposti teologici tradizionali che sostengono l’esistenza di un matrimonio sacramentale, per cui a quei coniugi che soffrono la morte del loro matrimonio si concede pastoralmente la possibilità di una seconda unione, non più sponsale-sacramentale, ma in forma di liturgia penitenziale. La chiamano “riparazione”. Le seconde nozze sono celebrate nel nascondimento, all’alba e non alla presenza della comunità, seguendo una liturgia penitenziale che chiede perdono a Dio della debolezza degli sposi, senza benedizione e preghiera epicletica.

Ufficialmente, la Chiesa Cattolica Apostolica Ortodossa è la seconda Chiesa cristiana più grande del mondo, arrivando a contare circa 220 milioni di fedeli battezzati. Il suo ordinamento giudiziario canonico riserva una cura speciale alla disciplina del matrimonio. Il matrimonio canonico è al tempo stesso un sacramento, cioè un segno visibile ed efficace della Grazia Divina, e un contratto (foedus) con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunione di “tutta la vita”. Il matrimonio è considerato e accettato come comunione stabile in base a un progetto di vita comune, cui si associa la dimensione della sacramentalità: Essentiales matrimonii proprietates sunt unitas et indissolubilitas, quae in matrimonio christiano ratione sacramenti peculiarem obtinent firmitatem. L’unione degli sposi per tutta la vita (consortium totius vitae) costituisce l’essenza del matrimonio le cui proprietà essenziali sono “unità e indissolubilità”.

Anzitutto: Unità significa che l’unione propriamente coniugale si realizza soltanto tra un solo uomo e una sola donna, escludendosi pertanto ogni altra relazione maritale simultanea. Per l’Ortodossia la grazia del sacramento del matrimonio non può essere né sciolta né annullata, per quanto riguarda l’aspetto spirituale liturgico, morale, ma neppure sotto il profilo giuridico-canonico e formale. Quindi la responsabilità della Chiesa relativamente al matrimonio è solamente pastorale. Il termine greco che indica le nuove nozze è digamìa; fa riferimento a una nuova unione tra una parte divorziata o in vedovanza con una persona libera. Nella realtà ecclesiale orientale digamìa esplicita una nuova unione ammessa dalla Chiesa per soccorrere il fedele che ha visto naufragare o terminare il proprio matrimonio, ma esclude la dinamica di un nuovo sacramento perché assolutamente non contempla l’elemento della benedizione epicletica e da qui un nuovo matrimonio sacramentale. Il rito della seconda unione aiuta a comprendere meglio che le seconde nozze “non sono” un altro matrimonio. La celebrazione nelle Chiese d’Oriente della seconda unione assume le vesti di un rito completamente diverso.

Alberto Maria Marziali

22 gennaio 2025

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