Una dozzina di anni fa, più o meno, quando iniziai a cercare spiegazioni alla presenza di edifici di tipologia unica nelle Marche ed entrai nel solco aperto da don Giovanni Carnevale sulla storia della Francia Picena, non potei fare a meno d’interessarmi in modo meno superficiale di quando ero studente, dell’unico o quasi, certamente il più importante, monumento carolingio che vanta la città termale tedesca di Bad Aachen, fatta diventare dagli storiografi la capitale carolingia di Aquisgrana.
Per chi la storia dei Franchi la ricorda appena, la stazione termale romana di Aquis Villa, su suggerimento dell’intellighenzia papalina già nel Cinquecento, venne titolata Aquisgrani in Brabantia e nel diciannovesimo secolo Von Stein iniziò la pubblicazione dei Monumenta Germaniae Historica (MGH), raccolta di documenti medievali accuratamente trascritti per fornire comuni radici epiche e gloriose ai numerosi stati regionali tedeschi, a sostegno della fondazione da parte di Von Bismarck del secondo BundesReich (il primo l’avrebbe fondato Carlomagno). La carta stampata però non bastava, ci voleva qualcosa di tangibile da far ammirare anche a chi non masticava né il Latino né la storia medievale.
A questi nazionalromantici venne in aiuto Friderico Barba-di-vino di Staffolo, meglio noto come Federico Barbarossa, che in cerca di supporto politico si recò più volte in Germania alle corti dei baroni tedeschi sostenendo un argomento che aveva molta presa a quei tempi ovvero i legami di sangue. Egli fece scrivere al suo storiografo e cancelliere che la sua stirpe, erede degli imperatori romani, era la stessa dei baroni germanici perché entrambi discendenti dai Troiani sfuggiti alla distruzione di Ilion. Di questi esuli di lusso, una parte, da cui il Barbarossa discendeva, venne nel Lazio e fondò Roma e un’altra parte, salita dal Mar d’Azov, si stabilì in Germania. Nella città termale (che nel frattempo adeguò il nome alla fonetica tedesca divenendo Bad Aachen), forse un parente del Barbarossa fece erigere fra l’XI e il XII secolo, da maestranze non locali, un mausoleo poligonale d’impianto geometrico simile al San Vitale ravennate, ovvero un cuore ottagonale circondato da un anello sedecagono. Questa particolare tipologia venne replicata, sempre nel XI-XII secolo, nella cittadina alsaziana di Ottmarscheim quale mausoleo della famiglia Asburgo.
Il primo quesito che interessa questi due edifici transalpini è stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina, perché l’impianto geometrico dell’ottagono è simile e di conseguenza probabile conoscenza di un gruppo di muratori itineranti, come i nostri Comacini o addirittura di un gruppo di essi, staccatisi da quelli Italici per seguire i successori dei nipoti di Carlomagno che si divisero l’impero. Questa ipotesi non è solo mia, la espose Teresio Rivoira già a fine ‘800 in -Le origini dell’architettura lombarda e delle sue derivazioni nei paesi d’oltre Alpe-.
La cattedrale di Bad Aachen è stata oggetto di continue attenzioni nel Basso Medioevo con l’aggregazione del cosiddetto “Coro” e anche in Età Barocca a seguito di incendi, col rifacimento dei deambulatori e delle torri frontali, poi nell’Ottocento di Von Stein e Bismarck venne profondamente trasformata nel simbolo della germanicità carolingia rifacendo quasi tutto il visibile, dal pavimento ai rivestimenti parietali, alla cupola e ai mosaici “bizantineggianti”: un grosso investimento per poi sostenere che quello splendore di marmi policromi fosse la costruzione voluta da Carlone nella sua “Aquisgrana” in Germania. Finalmente la storia apocrifa dei Salii diventati “germanici” per la ragion di stato, aveva un reperto tangibile, con meravigliosi mosaici carolingi fatti nel 1800 dagli artigiani veneziani.
Le motivazioni politiche di Bismarck che voleva un passato eroico e importante per l’unificazione degli stati tedeschi, oltre alla storia interpretata partigianamente nei “Monumenta”, ha anche avuto nella Pfalzkapelle una testimonianza fisica che, in pieno romanticismo, fece scrivere al Pertz “siamo tutti figli del grande Carlomagno”. La costruzione di età barbarossiana venne adeguata nella seconda metà del XIX secolo a questo nuovo scopo propagandistico con l’opera dell’architetto belga J. B. Bethune, il maggior specialista del neogotico. Tralascio il fatto che in Germania non ci sono tracce materiali dell’alto Medioevo, come ha ribadito Eribert Illig, semplicemente perché l’edilizia era sostanzialmente in struttura lignea fin dopo il Mille, e la prevalente economia era la pastorizia seminomade. Condivido l’osservazione di Illig su Carlomagno, ovvero che un personaggio con tutte quelle qualità personali attribuitegli dagli storiografi tedeschi non può realmente essere esistito. La mia opinione è che questo personaggio doveva essere così superuomo per fare da testimonial della Confederazione bismarckiana.
Per tali ragioni ho cercato di analizzare le vicende della Pfalzkapelle (ovvero la cappella privata del palazzo reale, anche se una “Capellam palatii” non è mai esistita nelle fonti medievali), confrontando il visibile alla luce delle conoscenze tecniche strutturali dell’Alto Medioevo germanico e delle condizioni economiche di quei tempi. La cattedrale di Aachen ha subito nei secoli una notevole quantità di traversie, incendi e ricostruzioni tanto da perdere ogni traccia della consistenza originale perciò la sua storia mi parve “Como una telenovela” e la commentai in un saggio con quel titolo pubblicato nel lontano Marzo 2014, lo scrissi dopo aver letto fra la documentazione, l’highlight della presentazione al Congresso geologico internazionale di Oslo (2008), di un saggio particolarmente evocativo: -Aquisgrani terrae motus factus est: Evidence for historical earthquake damage in the Aachen Cathedral (Germany).-
Dell’articolo, più che l’evidenza di un terremoto storico ad Aachen colsi altre “evidenze” sostanziali: la prima è che quelle che venivano descritte come profonde fondazioni dell’edificio attraversate da una frattura continua, fossero invece i muri di contenimento di una vasca di raccolta acqua delle terme d’età romana, sui cui resti, dopo averla colmata di detriti, venne eretto il mausoleo. Questo spiegava la forma poligonale della realizzazione e il necessario spessore dei muri di contenimento della spinta laterale del loess (sabbia finissima) in cui la vasca venne ricavata. Il titolo per il congresso annunciava l’argomento ovvero i terremoti avvenuti ad Aquisgrana in Età carolingia, e il saggio li dimostrava con la presenza di tracce di acqua all’interno delle membrature della Cattedrale di Aachen, interpretandole come “liquefazione” per causa di un sisma con accelerazione superiore a 5,5 m.s.2 (metri al secondo quadrato), Nelle considerazioni sull’argomento mi permisi obbiettare che tracce d’acqua in una vasca erano naturali in una stazione termale romana in Età classica, piuttosto che prodotte dalla strizzatura di sabbie umide a causa dell’onda sismica.
D’altra parte, remore della professione mi ricordavano che le norme europee EN 1998-1 –Eurocode 8: Design of structures for earthquake resistance – forniscono informazioni da considerarsi attendibili sul valore delle accelerazioni dell’onda sismica (magnitudo) e sulla ciclicità nelle diverse regioni, valori da osservare per la progettazione in ragionevole sicurezza antisismica di opere edili. I terremoti in questione avvennero in Aquis Grani nell’arco di vent’anni e i dati di queste norme smentirebbero che ad Aachen possano avvenire sismi con accelerazioni superiori a 2,2 m.s2 circa e soprattutto a brevissimi intervalli fra loro, essendo la ciclicità locale di 475 anni, perciò, pur ammettendo che ci possa essere una eccezione che conferma la regola, tre terremoti fra l’803 e l’829 d.C. con accelerazione oltre 5 m.s.2 (che è stato definito quale valore limite inferiore per produrre liquefazione nel saggio anzidetto) mi sono sembrati dati numerici troppo distanti dalle moderate caratteristiche sismiche della Renania Westfalia per accettare che i fenomeni realmente avvenuti ad Aquis Grani potessero essere avvenuti ad Aachen e che la “basilicam quam capellam vocant” citata negli Annales Laurissenses maiores (a.D. 729) fosse in realtà la parte poligonale della Cattedrale di Aachen.
Questi dubbi li espressi oltreché nel breve saggio “Como una telenovela” © 2014 anche nella pubblicazione –Le marche, un patrimonio da rivalutare- © 2016. I programmi automatici di Academia.edu mi segnalarono nel 2022 il caricamento (upload) di un saggio di egual titolo di quello del congresso 2008, col distinguo “(part 2)” che, dopo aver analizzato con dovizia di particolari le cause sismiche della “liquefazione” ovvero delle tracce d’acqua nell’interno dei detriti di riempimento delle murature della Cattedrale, concludeva affermando che i danni osservati nelle fondazioni insieme con le tracce di “liquefazione” facevano pensare a una magnitudine minima di 5,5 del sisma storico dell’803. Non trascrivo la frase del testo originale in Inglese perché l’editore vieta ogni tipo di riproduzione anche minima delle pubblicazioni, che sono marcate “Author’s personal copy” a ogni pagina, però, se qualcuno le ha pubblicate, si possono leggere e commentare. Un sisma di magnitudo doppia almeno di quelli contemplati nell’Eurocode 8 per la zona di Aachen o è sovrastimato o la normativa europea è acqua fresca.
La correttezza dei redattori dell’articolo ammette però nel Capo 8 Conclusioni (144 parole) che la faglia causale di detto sisma non è stata trovata (come non era stata trovata la camera in cui gli storiografi scrissero nei due secoli scorsi che vi era stato sepolto Carlone) e queste assenze, anziché mettere in dubbio la storicità attribuita al sito erano motivo di ulteriori esami. Dopo quelli “carolingi” i terremoti riportati per Aachen capitano nel 1692 poi si intensificano a partire dal 1755 fino ai tempi recenti, causati dall’uso degli esplosivi nelle miniere di carbone, ma sono tutti di modesta entità e ben documentati anche nelle cronache delle proteste della popolazione. Se le fonti altomedievali attendibili relative ai sismi ad Aquisgrana, non hanno riscontri ad Aachen né statistici come zona sismica, né geologici perché la faglia causale non si è trovata, la conclusione è semplice: l’insediamento romano di Aquis Villa e il sito di Aquis Grani non sono coincidenti nello stesso luogo, il secondo, inoltre, deve essere per davvero in un sito che purtroppo soddisfi la ciclicità dei terremoti, e guarda caso la val di Chienti, per Eurocode 8 ha una ciclicità di 29 anni e un’accelerazione efficace leggermente superiore a 5 m.s.2.
Sulla base di questi dati scientifici, anche se statistici, la “liquefazione” sismica non può essere la causa dell’acqua trovata nelle fondazioni della Pfalzkapelle, perché se da un lato è naturale trovare dell’acqua in quella che era una vasca della stazione termale, non esiste prova ragionevole che ad Aachen ci siano stati i terremoti che funestarono Aquisgrana. Ma se per caso fosse proprio acqua di liquefazione, non credo sia possibile attribuire il fenomeno allo specifico terremoto dell’803 fra quelli di modesta entità della storia del sito, da quando i Romani lo fondarono fino al decennio scorso. Queste osservazioni avrebbero dovuto, come si suol dire, “tagliare la testa al toro”, ma il 24 luglio appena scorso Academia.edu mi informa via e-mail che è stato caricato (uploaded) un nuovo saggio sui terremoti di Aquisgrana e apprendo perciò che ne esiste un terzo -Aquisgrani terrae motus factus est- ma il sottotitolo non è più come i primi due “Evidence for medieval earthquake damage in the Aachen Cathedral (Germany)”, sebbene il titolo latino sia lo stesso del precedente, quest’ultimo è contrassegnato da un “(part 1)” e il sottotitolo è decisamente differente: The Aachen cathedral (Germany) built on weak ground?. Siamo passati da un saggio che trattava l’evidenza dei terremoti storici della cattedrale di Aachen e numerato “(part 2)” ad un saggio similare indicizzato “(part 1)” e con una struttura analoga dei capitoli, che però tratta sostanzialmente solo di aspetti geologici e sismologici della “parte carolingia della cattedrale”, illustrando minuziosamente la questione della magnitudo e della liquefazione.
Le pubblicazioni con lo stesso titolo oggi sono perciò tre, e le ultime due non hanno data di edizione, ma solo la “data di disponibilità online”, fissata per entrambe il 19 maggio 2011 [Ndr: ma l’ultima inserita il 24/7/2024!] . Sarebbero perciò nate insieme per gli internetnauti, entrambe disponibili dallo stesso giorno, ma giungono a conclusioni differenti sugli effetti dei terremoti nella “parte carolingia” della Cattedrale di Aachen, pur essendoci nell’elenco dei molti coautori la costanza di uno di questi dal primo all’ultimo saggio. Mi sono chiesto perché il testo numerato “(part 1)” sia comparso su Academia molto tempo dopo il “(part 2)” ed entrambi si somiglino come due gemelli perché hanno la stessa struttura di otto capitoli, ma siano differenti non negli argomenti dei capitoli, ma nei dettagli dell’esposizione sebbene seguano gli stessi temi. Fra i due saggi la differenza più significativa è nella lunghezza delle conclusioni: sono sbrigative nel “(part 2)” di 145 parole, mentre sono lunghe e complesse nel “(part 1)” di 740 parole. Entrambe le esposizioni danno per scontato che esista una parte “carolingia” ma non confermano le ragioni della questione sostanziale promessa dal titolo, del terremoto storico (quello di magnitudo 5,5 m.s.2). Come ho anticipato, nel “part. 2” si scrive che la faglia causale non è stata trovata, nel “part.1” gli autori si dilungano a illustrare le grandi difficoltà a operare e ricavare certezze in un contesto geologico antropizzato spiegando che le conclusioni non congetturali e quelle valutate poco consistenti a causa delle grandi difficoltà della ricerca, conducono i geologi ad affermare che sui terremoti di Aquisgrana in età carolingia ci sono solo forti perplessità sulla leggibilità scientifica delle crepe che potrebbero anche essere dovute ad assestamento differenziato del sottosuolo (come ipotizzai nel 2014). La vera, importante, positiva e conclusiva affermazione che si legge nelle ultime due righe riguarda la stabilità certa della Cattedrale, perciò i milioni di turisti che visitano continuamente la Pfalzkapelle non devono avere timori, ma possono entrarci in tutta tranquillità nonostante i terremoti “storici”.
Medardo Arduino
8 dicembre 2022