Le tele prima rifiutate, poi acquistate sottobanco

Dall’inedito “Caravaggio e le ombre dell’anima”

 

la-vocazione-di-san-matteoInteressante è comprendere le ragioni più intime che lo spinsero lungo un tale sentiero, nuovo e più che mai di difficile percorrenza. Egli era certamente consapevole delle irose contestazioni che gli sarebbero piovute addosso da ogni parte, attaccando l’Accademia dell’Idea, quella di San Luca, che da più d’un secolo dettava leggi immobilistiche e restrittive sull’iter da seguire, per ottenere l’imprimatur di pittore ufficiale. Il motto degli Accademici era: “Dipingere più bello del bello!”, dipingere, in sostanza, l’ “Idea” del bello e, per farlo, non c’era alcun bisogno, come si sa, di ispirarsi alla natura, ma bastava attingere le idee dal mondo iperuranico, così come insegnavano i platonici, i neoplatonici, gli aristotelici, San Tommaso d’Aquino e la tradizione culturale tutta dell’Europa cattolica. La natura di tali opere è intuitivamente fredda, distaccata, immobile, ripetitiva e adagiata su una foresta di archetipi lontani dal reale e dalla verità. Costoro, dal canto loro, cominciarono a rimproverare al Caravaggio la mancanza nelle sue tele delle “historie”, del comune sentire, dell’azione, cioè della possibilità di raccontare vicende, sentimenti e accadimenti complessi, affermando che la pittura del Merisi tradiva una certa mancanza di spontaneità, causata dalla forzata immobilità, durante la posa, che costringeva l’artista a privilegiare l’ “Hic et Nunc”, cioè una specie di foto istantanea e non la scena in movimento, come quella ripresa, ai giorni nostri, con una videocamera. Quali erano le ragioni del rifiuto da parte degli accademici del suo naturalismo? Indubbiamente la rappresentazione iconografica di simboli religiosi e filosofici, imitando modelli raccolti dalla strada e dipinti così com’erano: storpi, sporchi, affamati. Tutto ciò snaturava la pia illusione dei pittori manieristi circa l’eterna bellezza della santità. La pittura manieristica era dal canto suo appannaggio delle classi nobili e della ricca borghesia mercantilista, degli intoccabili porporati della Santa Romana Chiesa e, pertanto, ritraeva sempre interni di regge, di palazzi aviti ricolmi di ricchezze inaudite, di cattedrali risplendenti di ori e di argenti, di preziose sculture, di broccati e di arredi da Mille e una Notte. Persino i paesaggi acquistavano un’aura d’irrealtà, di un mondo sconosciuto, non di questa Terra. Queste classi privilegiate non volevano essere disturbate nel godimento delle loro ricchezze con la visione di plebei affamati, di energumeni avvinazzati, di prostitute e di servette derelitte, sia pure belle e affascinanti oltre ogni dire, sempre dipinte, nelle tele manieristiche, come anime nere, scaraventate tra le fiamme dell’inferno a dannazione eterna. La protezione dell’influente Cardinal Del Monte gli procurò la prima importante committenza pubblica: le pale d’altare per la cappella Contarelli della chiesa di San Luigi dei Francesi: “San Matteo e l’Angelo n.1e n.2”, la prima rifiutata per i piedi sporchi del santo, la “Vocazione di San Matteo”, il “Martirio di San Matteo”. Si racconta che altre sue pale d’altare, oltre “San Matteo e l’Angelo n.1”, furono respinte al mittente quali “la Madonna di Loreto”, “la Madonna dei Palafrenieri”, “la Santa Caterina d’Alessandria”, “la Maddalena penitente”, “la Conversione di San Paolo n.1”, perché peccavano di volgarità, essendo lontane dal “decoro” della pittura idealistica, patrocinata dal Cardinal Gaetano Paleotti e da San Carlo Borromeo, autori di brogliacci, zeppi di leggi capestro, d’ispirazione controriformista, con cui essi s’illudevano di imporre una rigida veste etica alla spontanea creatività di qualsiasi artista. Quindi tutte quelle tele che s’allontanavano da tali norme, erano indegne di essere esposte all’ammirazione e alla venerazione dei fedeli e spesso venivano anche bruciate coram populi. Che quelle stesse tele, a volte, venissero poi acquistate, sottobanco, proprio da cardinali, vescovi e ricchi prelati, la dice lunga.

continua

Matteo Ricucci

 

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