C’era una volta, a Montolmo, il terziere del Chienti, quando la città si stava popolando

Come già scritto in diversi articoli, l’antica denominazione del “Terziere del Chienti” cambia allorché, in fasi successive, un ramo dei Nobili di Petriolo cede Villa (Poggio) San Giovanni insieme a vassalli e servi che vengono via via incastellati nel Comune di Montolmo. Si tratta dell’odierna zona “ex-mattatoio”, contrada San Giovanni. Un’operazione lunga anche perché costosa che inizia nel 1193 con la cessione di vari vassalli con servi a cui verrà assegnato un quarto della medioevale “Piazza delle Terre”, l’attuale Piazza del Popolo. La pergamena dell’atto è scomparsa e risulta solo da note dello storico Torelli.

La cosa interessantissima è che lo storico petriolese Sabbioni la riporta ampiamente (Il castello di Petriolo, 1871). Il termine “Piazza Delle Terre” potrebbe derivare da una storpiatura di “acterratum”: nell’atto infatti viene scritto “iuxta acterratum”, cioè nei “pressi degli atterratti”, delle “case di terra”. I tre contraenti dei Nobili, scrive sempre il Sabbioni,  essendo analfabeti si segnarono ciascuno con un “X”. La cessione di Villa San Giovanni prosegue nel 1200 con la nuova ratifica dell’accordo (pergamena sparita riportata dal Torelli) e continua nel 1238 (A.C.C., Pergamena N° 003 Bis) quando dieci capofamiglia si assoggetteranno all’apparenza spontaneamente – non è facile dirlo – a Montolmo, con promessa riguardo i loro beni, di non “venderli, alienarli, concederli in altra maniera in tutto o in parte” e ottenendo in contropartita la promessa del comune di difenderli come gli altri abitanti del luogo.

Come detto l’atto di “sottomissione” non sembra molto spontaneo se in una pergamena scomparsa visionata dal Torelli (D.S.P. delle Marche, 1903) che aveva censito l’archivio di Montolmo nel 1791, si scrive che il comune deve far in maniera di costringere i dieci capofamiglia a trasferirsi in Montolmo con “tutte le robe” e costruire casa nello spiazzo che gli è stato assegnato: nel frattempo, per accelerare la cosa, verranno assegnate delle case a spese del comune. La data indicata è del 1292 e pare palese pertanto che vi sia un errore perché non potevano essere di certo gli stessi uomini del 1238, a meno che, difficile a crederlo, non si volesse indicarne i discendenti.

Il capofamiglia era al vertice di un gruppo allargato che spesso contava figli, nuore e nipoti: l’età del matrimonio era di solito bassa, per le donne poteva partire nei periodi di spopolamento per carestie, epidemie e guerre, dai 16 anni: per gli uomini l’età si alzava di qualche anno. Il tutto va rapportato a un periodo dove le aspettative di vita erano basse e dove ovviamente procreare in giovane età diventava essenziale. Molto interessante è che di tale pergamena del 1292 (?) scomparsa, visionata dal Torelli, non ne faccia nessuna menzione il Pagnani (Archivio Comunale di Corridonia, 1959). Come si vede, la questione è abbastanza complessa ed è facile anche cadere in errori nonostante tutte le attenzioni che si possano prestare. Nel 1298 si giunge alla fine della storia di Villa di San Giovanni come centro abitato, quando il monastero di Valdicastro, che vantava antichi diritti sul luogo, arriva a una transazione con il comune di Montolmo riguardo ai “vassalli, servi, ascrittizi ed altri uomini di qualsivoglia condizione e della Villa…e terre” (A.C.C., Pergamena N° 041). La pergamena successiva (A.C.C., Pergamena N° 042) datata 28 aprile come la 041, fa supporre che per la transazione detta, siano stati presi in prestito lire 200, pena la scomunica in caso di mancata restituzione.

1278 – L’abate Ambrogio riconferma in enfiteusi una plater (platea) in Montolmo, quartiere del Chienti per 5 libre ravennati e anconetani e annua pensione di 2 denari. Per platea si intende un terreno piano, uno spiazzo, utile anche per costruire un’eventuale casa; 1280 –  L’abate Festa concede in enfiteusi a Iacobuccio di Sant’Angelo una casa posta in Montolmo, quartiere del Chienti e Porta dei Molini, in Val Campana per 3 libbre ravennati e anconitane; 1282 – Bonaventura da Montolmo dona all’abate Galvano una casa in Montolmo, terziere del Chienti e una terra in contrada di Fonte dell’Olmo; 1290 – L’abate Andrea conferma a Giovanni di Rosso da San Claudio una casa in Montolmo, terziere del Chienti per 40 soldi ravennati e anconetani e annua pensione di 2 denari; 1295 – L’abate Martino conferma a Giovanni di Benvenuto da Montolmo l’enfiteusi di una casa posta in detto castello, terziere del Chienti, per 19 libre ravennati; 1300 – L’abate Giovanni da Loro concede in enfiteusi a Brunforte di Filippo parte di una casa a Montolmo, quartiere San Giovanni e 2 moggi di terra per 10 libre e mezzo ravennati e annua pensione di 4 denari. È la prima volta che nelle Pergamene Fiastrensi appare il terziere denominato come San Giovanni. I 2 moggi di terra erano ovviamente fuori le mura.

Nel 1298 vi era stata come detto la transazione con il monastero di Valdicastro e  probabilmente si erano spostati dentro le mura gli ultimi abitanti di villa San Giovanni. Il luogo è quello attorno all’attuale chiesa di San Giovanni Battista, ex collegio Lanzi, odierna sede della Poste e antico convento delle clarisse. È chiaro che la chiesa ha dato nome al terziere. Fino al 1198 era sicuramente presente un antico convento benedettino. Tale asserzione è provata dalla presenza a Corridonia della lastra sepolcrale di Teostoritto (forse un monaco) che era posta nel cimitero di detto cenobio. Un’epigrafe medioevale in greco, non molto comune, e oggetto di studio da parte di diversi storici. Nel 1244 viene fondato il convento delle clarisse: il convento benedettino non c’era più sostituito da quello delle seguaci di Santa Chiara? Oppure era stato costruito vicino a esso? Comunque del convento benedettino nei documenti storici non si trova traccia.

Gli abitanti di Villa San Giovanni incastellandosi ricostruirono, come di consueto, la chiesa della loro comunità con identica titolazione ma quando questo avvenne è impossibile saperlo. Considerando che nel 1300 pare compaia per la prima volta il terziere con il nome San Giovanni, si potrebbe supporre che con l’ultimo incastellamento del 1298 la chiesa venga edificata dando così il nome alla zona. Il fatto che l’attuale chiesa di San Giovanni facesse parte dell’antico convento delle clarisse non è certo prova che inizialmente fosse lo stesso: riterrei invece al contrario che il convento femminile ampliandosi abbia inglobato l’edificio religioso.

1305 L’abate Guglielmo concede in enfiteusi a Gerardo da Petriolo, 5 piedi di platea in contrada di Montolmo, quartiere del Chienti, per 20 scudi ravennati e anconetani e annua pensione di 1 denaro. Ricompare nelle Carte Fiastrensi per l’ultima volta l’appellativo quartiere del Chienti. Per tutto il corso del Medioevo le misure (piedi) cambiano ad ogni zona, pertanto è difficile quantificare con precisione le porzioni di terreno, comunque abbastanza piccole. 1314 – Il priore Iacobuccio concede in enfiteusi a Tommaso di Bartolomeo di Rigato da Montolmo una casa in Montolmo, contrada San Giovanni, per 20 soldi ravennati e anconetani; 1316 – L’abate Iacopo concede in enfiteusi a Domenico di Florito da Montolmo, una casa in detta terra, terziere di San Giovanni e una pezza di terra in fondo Camparola per 4 libre di ravvenati e anconetani e annua pensione di 3 denari; 1317 – L’abate Iacobo da Castello, concede in enfiteusi a Mattiolo di Golata da Montolmo, una “platea” in detto territorio, terziere di San Giovanni, per 10 soldi ravennati e annua pensione di 1 denaro; 1345 – L’abate Francesco di Monte Granaro concede in enfiteusi a Pietro di Rainalduzzo di Rizio da Montolmo una casa in detto distretto nel terziere di San Giovanni;

1403  L’abate Gabriele di Lorenzo da Tolentino concede a Matteo di Giovanni da Camerino, procuratore di Ciccone di Nicola di Torso da Montolmo, un “casarino” (piccola casa) in detta terra nel quartiere di San Giovanni per 3 fiorini d’oro e annua pensione di 4 denari.

1536  Rogito del notaio Ciosati Tabbarie de Cupis. Girolamo Sansoni concede in enfiteusi alla terza generazione maschile a Marco di Marino “Bucchi Albano” e a Bernardino suo fratello, un “casarino” posto in Montolmo, nel quartiere di San Giovanni per 2 fiorini e l’annua pensione di un bolognino. 1554  Rogito notaio Paolo Angelo Paolucci da Spello. Marco Spavenzio commissario apostolico, riconferma in enfiteusi alla terza generazione maschile ad Antonio di Giovanni, di Vincenzo, di Giovanni, di Alessandro da Montolmo, una casa con forno e fienile posti in questa terra nel terziere di San Giovanni, componendosi il detto Antonio con la  Camera Apostolica in fiorini 5 e bolognini 16 per i frutti indebitamente percepiti e obbligandosi a corrispondere l’annuo censo di 2 bolognini.

Molto interessante è l’indicazione degli antenati fino alla terza generazione: infatti si parla di riconferma, sicuramente una enfiteusi a terza generazione. Sui frutti indebitamente percepiti, non si riesce a ipotizzare quali possano essere. Altra considerazione interessante è sul fatto, del tutto normale nel periodo, che essendo presente un fienile, all’interno delle mura cittadine si allevino degli animali: erano del tutto usuali anche appezzamento di terreni coltivati. Da notare quindi che all’interno di Montolmo ci fossero ancora terreni liberi, cosa che si vede molto bene addirittura secoli dopo nel catasto Gregoriano.

ABBREVIAZIONI

Archivio Comunale di Corridonia: A.C.C.

Deputazione di Storia Patria: D.S.P.

BIBLIOGRAFIA

Archivio Comune di Corridonia.

Avv. Giuseppe Sabbioni, Il castello di Petriolo-Piceno, Ripatransone, Tipografia di Corrado Jaffei, 1871.

Atti e Memorie della Depuzione di Storia Patria per le Province delle Marche, Ancona, a spese della Regia Deputazione, 1903.

Per le pergamene fiastrensi: Archivio di Stato di Roma, Progetto Imago II, https://imagoarchiviodistatoroma.cultura.gov.it/index.html

P.P.Bartolazzi, Montolmo, sua origine incrementi e decadenza, Tip. Crocetti, Pausula 1887

Modestino Cacciurri

28 settembre 2024

Sii il primo a dire che ti piace

Commenti

commenti