Ugo Caggiano, un artista consapevole di vivere in una terra bellissima e sorprendente

In una video-intervista che consiglio a tutti di vedere, realizzata da Enrico Tallei, Caggiano, canticchiando un’aria della Bohème, si definisce poeta. Per questa sorta di dichiarata “affinità elettiva” con la poesia egli tra le sue amicizie ha sempre scelto ed eletto quella dei poeti. Ciò perché ha sempre avuto consapevolezza  che a comandare in ogni sua azione e visione fossero il sentimento e quindi la poesia, nel suo caso  non una poesia scritta o enunciata a parole, ma realizzata concretamente  in forma visiva e plastica, cioè artistica.

Caggiano ha fatto convivere nella sua ricerca una varietà di tecniche: pittura, scultura, incisione, collage, design, e persino musica, in una congerie armoniosa che ha unito in modo simbiotico arte e vita. Si può dire che egli abbia fatto dell’arte un motivo di vita e della sua vita una continua ininterrotta avventura creativa nel segno dell’arte. Ricerca sempre originale, la sua, e la originalità non è stata la sua prima aspirazione bensì lo strumento e la conseguenza di una procurata libertà.

Pur essendo padrone di tutte le tecniche, il suo è stato un operare libero, disinibito, senza imposizione di generi omologati e convenzionali. Quelle di Caggiano non sono state scelte di allineamento, ma di distinzione! Questa, la distinzione,  non derivava da un suo atteggiamento edonistico, istrionico, bensì etico e soprattutto sentimentale. Ha inteso portare la ricerca artistica alle sue ragioni, alla sua vicenda estetica e professionale,  ma anche e soprattutto a quella parte esistenziale, umana e poetica, per lui così importante.

Caggiano ha  amato l’arte, ma si è anche ribellato a essa, attraverso piccole provocazioni, come avviene tra innamorati per verificare e vivere l’amore nei suoi contrasti e nelle sue magiche accensioni o ritorni. L’arte, esercitata fuori dei canoni e di là delle regole, ha persino voluto inventarla rendendola a sua misura, in una sintonia intima e sincera sia riguardo alla modernità della ricerca in generale, sia riguardo alla sua vicenda personale. Ha difeso questa sua indipendenza con puntiglio e radicalità, facendone un elemento distintivo non sempre compreso e accettato dal pubblico, ma apprezzato da artisti e critici di grande sensibilità e valore, come Remo Brindisi, Philippe Artias, Armando Ginesi, Elverio Maurizi, Umberto Peschi, considerati oggi “maestri”.

I suoi temi: paesaggi, reperti archeologici, fantasie e ricordi infantili, giocattoli, oggetti di design. La prima fonte d’ispirazione Caggiano  l’ha trovata nel paesaggio che ha interpretato a suo modo unendo geografia, morfologia e colori, archeologia, ricordi personali, natura e storia, consapevole di abitare e vivere in una terra bellissima da cui emergono ancora oggi testimonianze e reperti sorprendenti. Le sue “Pietre miliari” sono simbolo di tale familiarità e convivenza. Di questo l’artista ha fatto motivo di poetica unendo  sentimento e pensiero, gusto estetico e ricordo, e traendone una narrazione coinvolgente in direzione, appunto, della poesia.

La memoria, il ricordo, specie quelli vissuti nell’infanzia: in essi trovava gioia, nostalgia e lamento; nelle sue opere si individuano la piacevolezza e il divertimento della scoperta, il piacere del gioco ma anche la nostalgia, e una tristezza latente. Il capitolo delle sculture giocattolo semoventi è tra i suoi più felici. L’amicizia è vissuta nel ricordo continuo degli amici e l’ansia di conservare la loro arte anche dopo la loro scomparsa è stato un impegno per il quale si è sempre adoperato. Tra le sue amicizie numerosi i poeti, come Leonardo Mancino, Giovanni Prosperi, Mario Montanari, Maurizio Boldrini, Mario Monachesi e altri, con loro ha creato situazioni, mostre e cartelle di grafica, pezzi unici numerati dove poesia scritta, incisione e pittura convivono magnificamente. Interessante, nel catalogo, la testimonianza  offerta dai suoi familiari che rivela aspetti anche inediti della vita di Ugo Caggiano.

Lucio Del Gobbo

17 settembre 2024

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