Itinerari turistici tra i borghi nascosti del maceratese: Chigiano, dalla storia millenaria

Il nome di Chigiano è riportato in numerosi documenti pergamenacei del secolo XV, ma senza dubbio la nascita del borgo è precedente e antichissima.

Come si arriva a Chigiano? Da San Severino Marche si imbocca la strada che va a Castel San Pietro, poco prima di giungere qui c’è il borgo di Chigiano. Va detto che nei dintorni, fin dal IX secolo i monaci benedettini avevano scelto le valli del comprensorio del monte San Vicino, appartate e coltivabili, per ritirarsi in preghiera e per lavorare, secondo la regola di San Benedetto: “Ora et labora et lege et noli contristari in laetitia pacis” (Prega e lavora e studia e nella gioia della pace non sentirti contrariato). Poco lontano da Chigiano ci sono l’Abazia di Santa Maria in Valfucina, del IX secolo (https://www.larucola.org/2013/10/07/elcito/), il monastero di San Clemente e quello di Roti (https://www.larucola.org/2016/09/11/abbazia-di-santa-maria-de-rotis-2/), i quali oltre a essere dei centri di cultura alimentavano una fitta rete di attività agricole e pastorali che portarono alla nascita di numerosi e piccoli insediamenti abitativi, disseminati nel territorio.

La Valle Riola (oggi Valdiola), formata dal fiume Musone fin dalla sua sorgente distante pochi chilometri alle spalle di Chigiano, era una via di comunicazione tra i centri monastici e collegava l’intera zona con la piana di Matelica. Il territorio intorno Chigiano, organizzato in ville e castelli, aveva come centro di attrazione San Severino Marche, almeno fino al XV secolo, partecipando alle tumultuose vicende che videro in quel Comune il susseguirsi di vari signori, dagli Smeducci agli Sforza, comprese le feroci battaglie scatenate per la conquista dei castelli. Nonostante Chigiano fosse un agglomerato rurale le sue chiese furono decorate da importanti pittori, specialmente nei secoli XV e XVI. In quel tempo a San Severino, ad attestare la continuità della scuola dei Salimbeni, maestri del “gotico cortese”, erano attivi diversi prestigiosi pittori: Lorenzo D’Alessandro, Bernardino di Mariotto da Perugia, che lavorò a San Severino fino al 1521, Giovangentile e Antonio, figli del D’Alessandro. Proprio su questi i critici fanno riferimento per l’attribuzione degli affreschi presenti nelle chiese di Santa Maria di Valle Riola, di San Gregorio e della vecchia parrocchiale di San Savino.

Queste chiese furono costruite con la collaborazione dei cosiddetti “mastri da muro comacini”, abili architetti e muratori lombardi che dal ‘300 avevano costituito una nutrita comunità nel sanseverinate. Resti di un affresco del ‘500 sono ancora visibili in una nicchia esterna del Palazzo Paladini, famiglia che compare in alcuni documenti della seconda metà del ‘600 come la maggiore per importanza e possedimenti. La loro dimora, che domina il borgo con la sua mole ed è tuttora chiamata “Il Palazzo”, era decorata con affreschi e dipinti; sulla volta del salone campeggiava lo stemma di famiglia. A partire dal 1586, anno in cui San Severino fu eleta al rango di “città” dal papa Sisto V, la vita a Chigiano scorse relativamente tranquilla confondendosi con quella delle ville circostanti, con i lenti ritmi di una economia prettamente agricola e pastorale, scanditi dalle ricorrenze religiose.

Una mappa del Catasto Gregoriano dei primi anni del ’800, indica in modo dettagliato l’assetto urbanistico fatto di vicoli e gruppi di casupole, che creano ancora un insieme ricco di equilibri architettonici e di suggestioni visive. Tale assetto si è conservato immutato nei secoli fino ai nostri giorni. Lo scorso anno, grazie agli scavi fatti da un gruppo di archeologi del CNRS francese e della Università di Ferrara, a Chigiano è stato scoperto un sito del Paleolitico Superiore risalente a 20mila anni fa, alla fine della ultima glaciazione. A oltre un metro di profondità, nei sedimenti alluvionali del Musone, sono state rinvenute centinaia di lame, schegge e blocchi, utilizzando la selce nota come scaglia rossa, proveniente dagli affioramenti delle colline settempedane. La scoperta incoraggia altre ricerche nel territorio per rinvenire altri siti anche del Paleolitico Medio e Inferiore, cioè dell’epoca dei Neanderthal e dei loro antenati, gli Heidelbergensis, mentre i reperti rinvenuti attualmente sono riferibili all’Homo Sapiens. Insomma, il territorio maceratese mai finisce di stupire.     

a cura di Fernando Pallocchini, immagini per gentile concessione di Alberto Monti

20 agosto 2024

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