Uno sguardo ai personaggi di un ufficio maceratese: le battute di Scardozza e la Ines

Originario di Tolentino, ed emigrato, adolescente, con la famiglia a Roma, per anni aveva fatto il garzone di barbiere in una bottega di via Due Macelli. Per intercessione di un personaggio influente del partito, Fabio Scardozza era riuscito a entrare nell’Istituto, dapprima come semplice usciere/fattorino, quindi promosso al ruolo d’impiegato d’ordine con relativo trasferimento alla sede di Macerata. Aveva mantenuto l’accento della capitale insieme con una certa involontaria spocchia e una discreta dose di arguzia, immediata e scanzonata, forse a motivo della lunga frequentazione di un luogo ricco della più varia umanità. Così, a interrompere il grigio andazzo della giornata d’ufficio, a volte se ne usciva con battute fulminanti e graffianti, in netto contrasto con l’aspetto di persona ben educata e paciosa. La vittima preferita era una collega di reparto, svampita, disordinata quanto basta e sciatta nel vestire: la Ines, che arrivava sul posto di lavoro e marcava il cartellino “regolarmente” con vari minuti di ritardo rispetto all’orario prefissato, affannata, accaldata, inventando scuse e pretesti diretti al capo e ai compagni di stanza.

Il montone sfoderato – D’inverno era solita indossare un montone sfoderato a grossi riquadri, le cui cuciture lasciavano fuori zone di pelo della rivestitura interna. Il soprabito era un po’ logoro, sdrucito, ingrigito dall’uso nelle parti in bella vista. E Scardozza, già chino al tavolo di lavoro, nel sentire passarsi davanti il profumo acuto della collega e la folata di corrente improvvisa che ella provocava, facendo smuovere le pratiche e le carte ammucchiate sulla scrivania, borbottava senza alzare lo sguardo, in un idioma misto tra il capitolino e il “pistacopparo”: “Se ‘ssu cappottu te casca per tèra, rtorna a casa da per issu, pe’ le mijarate de purgi che c’è…”.

Modella per aspiranti parrucchieri – Sempre attenta alle spese superflue, e per tirare al risparmio persino nella cura della folta capigliatura castana, la Ines, tanto per arrotondare lo stipendio, si era offerta quale modella in una scuola per futuri parrucchieri. A volte arrivava in ufficio avvolta in una nube di profumi variegati, trionfante, con la chioma arrangiata nelle fogge più strane. Quel giorno si presentò al lavoro con i capelli posti a raggiera attorno al capo, cotonati, arricciati e guarniti da estemporanei colpi di sole. S’imbatté sulla porta con Fabio Scardozza che, sorpreso dalla improvvisa quanto inusitata apparizione, non esitò a sparare: “Ch’hj fattu Ines? Si venuta cór motorino ‘sta matina?”

Il restauro – In altra occasione la signora, per la solita fretta di uscire di casa, aveva calcato un po’ troppo la mano nell’uso dei fondotinta, fard, creme e belletti vari, creando improbabili impasti di colore intorno agli occhi e sulla superficie del viso. E Scardozza sentenziò: “Che ti si messa ogghj su la faccia, la virnice antirombo!?” quasi fosse un’automobile restaurata e abbellita dall’estro del carrozziere di fiducia. 

Goffredo Giachini

20 agosto 2024

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