Il pomeriggio del 22 agosto 2024 sono stato presente alla “Visita alla Sala delle Armi Antiche” organizzata dal Centro Studi Civitanovesi e dal locale Archeoclub d’Italia, nel chiostro di San Francesco a Civitanova Alta. Ho potuto così incontrare il relatore Paolo Pinti. Vegetariano e anticaccia convinto, Paolo Pinti è un avvocato penalista che si è sempre occupato di reati attinenti alle armi. Vive nelle Marche dedicandosi a studi sulle armi antiche (oplologia), soprattutto del periodo medioevale. Circa 150 suoi saggi sono stati pubblicati in riviste specializzate quali “Diana Armi” e “Medioevo”. È autore di una quindicina di libri. Quelli di maggiore successo sono i tre intitolati “Armi e arte” nei quali ha abbinato visite a musei e ricerca di opere d’arte con armi: uno in ambito nazionale, uno per l’Umbria e uno per le Marche.
Ci dica qualcosa sull’arco nei secoli – “Tutti gli archi, anche i più primitivi, sono stati importanti. Gli archi antichi erano fabbricati con legno di tasso o altre essenze ed erano massicci. Innovativo fu l’arco di legni vari sovrapposti fra loro e incollati che era molto più funzionale, perché con un minore ingombro aveva una potenza superiore a quella degli archi monolitici. Quel passaggio avvenne prima del 1500 nelle tribù mongole e persiane. Quel tipo di arco aveva una doppia curvatura che consentiva una grande potenza, pur in una lunghezza molto ridotta. Esisteva anche un altro tipo di arco in uso in Giappone per soldati a cavallo, la parte bassa era vicina alla sella e al cavallo, l’arco stesso era molto più sviluppato verso l’alto: era asimmetrico. Un arco famoso è il cosiddetto arco lungo inglese, sempre monolitico, alto quanto una persona e con una portata notevole, era quello usato da Robin Hood”.
Un po’ di storia dei fucili? – “I fucili da fanteria ad avancarica erano tutt’altro che precisi. Fin dal 1500 esistevano anche armi a canna rigata, più precisa, ma erano poco usate perché costose e lente da caricare. L’utilizzo dei fucili si basava sull’assetto in battaglia degli eserciti che prevedeva la formazione in quadrati, in modo che una scarica di fucileria sparata da cento metri potesse fare una strage negli avversari praticamente compatti, tirando semlicemente nel mucchio. Durante la guerra d’indipendenza americana, a un certo punto, i rivoltosi capirono che una formazione sparpagliata rendeva quasi impossibile al fuoco nemico di colpire qualcuno. In molte battaglie la percentuale dei colpiti tra gli inglesi in quadrato compatto rispetto agli americani sparsi era di cento a uno”.
E delle pistole cosa ci può dire? – “Il Far West al cinema è un tutt’uno con la rivoltella Colt a sei colpi. Sceriffi e banditi riuscivano a fare, nei film, cose sbalorditive. Nei film stessi, se uno ci fa caso, trenta-quaranta anni fa chi sparava lo faceva immancabilmente senza mirare e accompagnando con uno slancio la mano che impugnava l’arma. Nei film più recenti invece chi spara prende la mira e non muove la mano. Nella realtà le pistole Colt, come tutte le armi corte, potevano colpire un uomo fino a 20-30 metri di distanza: per distanze superiori occorreva una grandissima fortuna e una altrettanto grande abilità. Altra curiosità è che, quando c’era un duello i presenti non fuggivano a gambe levate, ma restavano vicinissimi ai duellanti, con il rischio di essere colpiti. La storia recente insegna che nella seconda guerra mondiale con le pistole fu uccisa una percentuale irrilevante di soldati. Restando in ambito Far West i Winchester erano buoni fucili, potevano sparare una quindicina di colpi. Dopo la rivolta dei Boxer (1899-1901) in Cina vedendo che i calibri piccoli non erano in grado di fermare i rivoltosi cinesi, gli americani passarono a calibri molto più consistenti come la Colt mod. 1911 Government, calibro 45 (a sette colpi), usata anche nella seconda guerra mondiale”.
Un cenno sulla polvere da sparo – “Sembra incredibile, ma fino a pochi anni fa nei libri di storia e, a volte, anche nei libri tecnici sulle armi si leggeva che l’inventore della polvere nera era stato il monaco tedesco Bertold Schwarz, raffigurato mentre veniva raggiunto dalla vampata scaturita da un mortaio, nel quale stava pestando i componenti della polvere da sparo: zolfo, salnitro e polvere di carbone. Invece risulta per certo che non sia mai esistito; i cinesi conoscevano la forza di questi tre elementi, usati per i fuochi d’artificio. Solo aumentando di molto la percentuale di salnitro si aveva una esplosione più immediata con la nascita della polvere nera. Giunta in Italia nel 1200 rimase la stessa fino al 1880-90, quando fu introdotta la polvere senza fumo, detta fulmicotone, che è quella attualmente in uso. A quell’epoca si conosceva la nitroglicerina, estremamente instabile e pericolosissima perché esplode per urto, calore, ecc. Nobel vi ha dedicato la vita, perdendoci un fratello, e riuscì a utilizzare quella nitroglicerina, unendola a sabbia fossile, che la rende più facilmente utilizzabile. Queste polveri oggi sono usate anche dai minatori e per la demolizione di edifici”.
Eno Santecchia
19 febbraio 2025