Italiano, popolo d’inventori: usare termini inglesi non ci basta, ne inventiamo di nuovi!

C’è un termine inglese, stra-strausato, che mi sta proprio qui… lo usano tutti e ovunque, nel parlato, nello scritto (anche colleghi celebrati), nei comunicati stampa, nei social, nelle chiacchiere da bar, perfino Jannì de Nèno lo ciancica a modo suo ed è location (Jannì lo esprime come lochèscionne). E pensare che nella lingua italiana c’è una varietà di bei termini in sostituzione: luogo, spazio, sito, località ma… gnende da fà’… a l’italiani je piace lochèscionne! mischiato a tanti altri termini inglesi che stanno invadendo il nostro bel linguaggio, imponendo (per ora solo alcune parole) una sostituzione linguistica con un idioma barbaro, impreciso ed elementare. La lingua (non quella fisica, che comunica a linguacce!) è necessaria per comunicare e per comprendere i concetti che si vogliono esprimere, per cui più è precisa e dettagliata e complessa e meglio comunica. Detto questo, come se non ci bastassero i termini inglesi che stiamo usando ci siamo inventati delle parole che sembrano inglesi ma che nella lingua di Albione non esistono. Ve ne propongo alcuni esempi…

PULLMAN – che in italiano era ed è “torpedone” in inglese non esiste, invece ci sono bus e coach;

CAMPER – mentre in Italia indica una roulotte motorizzata, in Inghilterra vuol dire “campeggiatore”, invece il termine equivalente al “nostro” camper è “motorhome”;

FOOTING – per indicare una corsa lenta lo abbiamo fatto derivare da “foot” (piede) ma in inglese non esiste;

LIFTING – in Italia è rifarsi il volto chirurgicamente, in quanto la parola “lift” significa “tirare su”. In Inghilterra si usa “facelift”;

WATER – questa parola in inglese indica “acqua” mentre in Italia la usiamo per indicare la “tazza del cesso” che, invece, in inglese si dice “toilet bowl”. In dialetto maceratese abbiamo addirittura “lu vatticlò” che dovrebbe venire da “water closet” (stanzino dei servizi igienici);

PULLOVER – in Inghilterra è un maglione che s’infila per il collo ma è poco usato, si preferisce “sweater”;

GOLF – da noi è un “maglioncino” mentre in Inghilterra è un gioco che vuole un campo ondulato, delle buche, bandierine segnalatorie e una mazza per tirare la pallina;

PILE – per noi è una felpa sportiva in tessuto sintetico, idrorepellente, in inglese non esiste con questo significato (“pile” indica un metodo di tessitura industriale)  ma c’è “polar fleece”.   

SMOKING – in Inghilterra è solo l’atto del fumare. In Italia è un abito o una giacca elegante per serate di gala;

SPIDER – Eccola qua, in Italia è il sogno di tanti: una vettura sportiva decappottabile per viaggiare accarezzati dall’aria (apro una parentesi personale essendo stato il felice possessore di tre spider: una Innocenti, una Osi, e un Dino. Scusate…), in Inghilterra è più semplicemente un “ragno”. Per auto scoperta si usa “roadster” e se è fornita di tettino rimovibile si aggiunge “convertible”.

MISTER – È universalmente noto che “mister” significa “signore” ma in Italia ha assunto un significato sportivo e cioè “allenatore” di una squadra di calcio. Invece in Inghilterra questa figura si chiama “head coach” o, anche, “trainer”.

Come avete letto non ci bastano i nostri termini ma non solo prendiamo in prestito quelli di altre lingue ma siamo capaci anche d’invertarne di non esistenti, per dirla in dialetto li fabbrichiamo “Nói de pàcca”!  Ma non siano i soli, anche in inglese ci sono termini nuovi che derivano dal web come, a esempio: “bannare” (espellere una persona); “killare” (eliminare un avversario da un gioco); “nabbo” (principiante); “fail” (grave fallimento); “flexare” (vantarsi) e altri ancora.

Fernando Pallocchini

1 febbraio 2025      

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