Per ovviare ai dolorosissimi geloni, comunque al non piacevole freddo ai piedi, si usavano espedienti come le vituperate pezze da piede, ossia brandelli di stoffa non più utilizzabili neanche per i rattoppi; o si poteva usare la carta, incartando il piede prima di infilarlo nella scarpa o nello stivale di gomma, ma anche questa soluzione non era così diffusa come si potrebbe pensare. Un buon isolamento termico era dato dalla pula del grano: la si faceva scivolare nello stivale dopo calzato ma… c’era la pula di alcune varietà di grano che era appuntita e pungendo dava fastidio ai piedi, sicuramente molto meno dei geloni.
All’età di 12/13 anni mi venne una idea “brillante”: presi due pelli di coniglio, tolsi la testa e le zampe, le riempii di paglia cercando di dare la forma del piede e le lasciai seccare al sole. Come arrivò il freddo le usai ma i piedi mi sudavano e della pelle non conciata… è meglio non raccontarne l’odore!
Oggi, andando per strada vedo ciclisti, anche di età matura, e torno con la memoria a quando prendevo la bicicletta da uomo di mio padre e con quella cercavo di andare. Data la mia “altezza”, dovevo usarla con il metodo detto “sottocanna”, cioè sedendomi (senza usare cuscini) sul carter e sulla vicina impugnatura, utilizzabile per sollevarla. A quelle condizioni e a quell’età, era la norma sentirsi gridare contro: “Metti via quella bicicletta… non vedi i polli che stanno facendo danni? C’è da fare questo… c’è da fare…”. Occorreva , tutti, essere sempre attenti e produttivi, prima per placare la fame.
Non posso dire di aver sofferto la fame ma ci si poteva permettere un pollo o un coniglio al mese, si impastava la farina con le uova per farne “li maccarù” (tagliatelle) quasi soltanto di domenica. Un maiale, nemmeno tanto grande, doveva bastare tutto l’anno, sia per cucinare (lardo, ossa, grasso…) sia come insaccati. I supermercati non c’erano e ricordo che partivo da casa con, nel classico fazzolettone a scacchi blu, chiamato fazzoletto della spesa, delle uova sottratte alla tavola: le barattavo con zucchero, sale e poco altro. A volte avanzava qualcosa sotto forma di caramelle, quelle dette “da una lira”, quasi un premio per la mia buona volontà.
Il baratto, la più antica forma di commercio, avveniva in un piccolo negozio che si trovava nelle vicinanze della scuola. Talmente modesto che non aveva nemmeno la bilancia. Come s’ingegnava il negoziante per darmi la quantità stabilita? Ebbene costui usava barattoli a grandezza differenziata, uno per ogni tipo di prodotto, alimenti che lui acquistava in sacchi. Immergeva il barattolo specifico nel sacco, lo tirava su, lo scrollava ben bene per dare assestamento al contenuto poi, con una lunga stecca di legno faceva cadere nel sacco la parte eccedente il bordo. Tutto quanto ho raccontato non è frutto di fantasia ma è vera vita vissuta, ormai tanti anni fa.
Mario Graziosi
22 gennaio 2025
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