Antiche dimore nel maceratese: San Vittore di Cingoli, prima i Piceni, poi i Romani

A San Vittore di Cingoli c’è un’antica dimora che racconta la storia dei popoli che di qui sono passati. Stiamo scrivendo di Villa Della Rovere, detta anche La Badia di San Vittore. Per arrivare a oggi il percorso storico è assai lungo, perché bisogna partire da quella popolazione che gli antichi storici chiamavano “Aborigeni”, “Pupuni”, “Salii”, poi detti Piceni dai Romani.

La frazione di San Vittore di Cingoli, situata sull’alta valle del fiume Musone, si trova in una zona ricca di reperti archeologici. Posta infatti tra i centri romani di Cupra Montana (Cupramontana, il cui poleonimo attesta la venerazione che la dea picena Cupra ebbe in quest’area), di Aesis (Jesi), di Auximum (Osimo) e di Cingulum (Cingoli) si trovava lungo un itinerario che da Numana (posta nei pressi della foce del Musone), e passando nei pressi delle colline di San Filippo di Osimo e di Santa Paolina di Filottrano (dove nel IV sec. a.C. si insediarono alcuni gruppi di Galli Senoni) portava sino a Staffolo e Apiro (zone di ritrovamento di luoghi di culto preromani) non molto distanti dalle sorgenti del fiume stesso. La zona di San Vittore ebbe un grande sviluppo durante l’età del ferro, sviluppo che continuò in modo ancora maggiore sotto la dominazione romana.

Infatti la campagna di San Vittore di Cingoli giace sui ruderi di un antica e fiorente città romana, il municipium identificato con Planina, questo sulla base epigrafica rinvenuta, che certifica una serie di monumenti, una basilica e un complesso termale, collegato a una sorgente di acqua con proprietà medicamentose, detta “Fonte del bagno” o anche “Fonte di San Giovanni”. Dell’antica realtà urbanistica di San Vittore restano purtroppo ben poche tracce. Intorno agli anni 1845-1846 fu scoperto un complesso sistema di ambienti pavimentati a mosaico, tra cui uno con scene di animali acquatici, e altri pavimenti in cotto; vasche rivestite di opus signinum collegate a una rete di canalizzazioni riferibili ad ambienti termali.

Questo complesso termale-santuariale di epoca romana è sicuramente da accostare a un precedente luogo di culto. Dopo la caduta dell’impero romano la località, al pari di altre, rimase in totale abbandono con i campi ridotti a paludi e i torrenti straripati, fino a quando i Monaci Benedettini, che si erano lì stabiliti, dissodarono e coltivarono quelle terre, lavorando con la loro consueta industriosità. Il Monastero dei Benedettini sorgeva dove attualmente si trova La Badia di San Vittore, o Villa Della Rovere, conservando sempre il nome di “Abbadia”, in ricordo dei Monaci. Questa ex abbazia benedettina, divenuta abitazione privata, nei suoi spazi interni, ricchi di suggestioni, dispone di un antiquarium che raccoglie reperti archeologici, rinvenuti in situ, di epoca imperiale.

È probabilmente intorno a questo centro che si sviluppò un insediamento eletto a municipio romano corso del I sec. a.C. La importanza della “Fonte del Bagno” viene ricordata anche da una epigrafe degli inizi del I sec. d.C. che riporta una disposizione di legge mirante a preservarne l’integrità. Un’altra iscrizione, oggi murata in un palazzo di Cingoli, ricorda il restauro di una basilica presso San Vittore. La presenza di un edificio pubblico di questo tipo implica pertanto che vi fosse un centro municipale indipendente e autonomo da Cingulum. Gli eruditi del 1800 identificavano il municipio con la città romana di Beregra, menzionata da Plinio il Vecchio. Fu il Mommsen a respingere questa attribuzione e recenti studi hanno proposto di identificare il centro di San Vittore con Planina finora ubicata presso Pianello di Castelbellino, in provincia di Ancona.

Della realtà urbanistica di San Vittore restano purtroppo ben poche tracce. Intorno agli anni 1845-1846 venne scoperto un complesso sistema di ambienti pavimentati a mosaico, tra cui uno con scene di animali acquatici, e altri pavimenti in cotto; vasche rivestite di opus signinum collegate a una rete di canalizzazioni riferibili ad ambienti termali. Gli scavi del secolo scorso hanno rimesso in luce sei sepolture a cremazione del I sec. d.C. e ambienti di una domus pavimentati a mosaici del II sec. d.C.. Inoltre sono stati numerosi i rinvenimenti sporadici di superficie: ceramiche di terra sigillata italica, unguentari, bottiglie e piatti, oggetti di vetro,  di ceramica e lucerne a volute.

A cura di Fernando Pallocchini, foto per gentile concessione di Alberto Monti

19 gennaio 2025

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