Potrebbe darsi che non si fossero resi conto, con poca lungimiranza, del costo della delibera finché la Scuola Tecnica non fu chiusa e partirono le richieste di pensione dei professori. Su questo punto ritengo che il Rinaldini abbia pienamente ragione anche se effettivamente la seduta, come afferma il Bartolazzi, ebbe il numero legale solo in seconda convocazione con 5 consiglieri presenti. Il gruppo Rinaldini non presenziava per protesta i consigli comunali accusando il sindaco Bartolazzi di ‘fare le cose in famiglia’ ma certamente una delibera di tale importanza votata da 5 consiglieri su 20 lascia perplessi: non era presente neanche la metà dei consiglieri di maggioranza di cui faceva ovviamente parte il Rinaldini.
La giunta Bartolazzi chiede l’annullamento della delibera in maniera alquanto velleitaria per il motivo che essa sia palesemente a vantaggio di “parenti ed affini entro il quarto grado” degli assessori ma va da sé che tale ricorso viene respinto perché a beneficiarne non erano stati solo i professori ma tutti gli impiegati comunali e inoltre il Consiglio di Stato rileva che la volontà della modifica del regolamento sulle pensioni era stato espresso dal Rinaldini già a partire dal 1879, anno in cui non vi erano sospetti sulla chiusura della Scuola. In questa guerra di cause legali va comunque anche ricordata quella dei professori che dopo la soppressione della Scuola Tecnica tentarono inutilmente di annullare una delibera del settembre 1884 che non confermava il loro incarico (“deliberava di non deliberare… e lasciar fare alla legge”) contestando il voto palese che secondo loro non poteva essere fatto trattandosi di “giudizio su persona”, e chiedendo contemporaneamente il risarcimento danni e il pagamento degli stipendi per un triennio: la questione giunta alla Corte di Appello di Macerata nell’udienza del 2 maggio 1889 fu risolta a favore del comune.
Fa quasi sorridere la motivazione: “…gli appellanti sono tutti residenti nel comune di Pausula ove godono di altri impieghi con stabile posizione…essendo chi medico-condotto, chi notaro, protocollista, ingegnere o maestro locale, con che l’impiego perduto non andava a scuotere la posizione sociale, ch’essi già avevano aliunde e da cui ritraevano i necessari mezzi di sussistenza”. Volgarmente si potrebbe tradurre: “questi hanno di cui vivere, non pesino ulteriormente sulla comunità!”. È palese e normale che i professori cercarono di far valere i loro diritti e ottenere il massimo guadagno e questo in tutti i modi, anche se velleitari e probabilmente con una certa soddisfazione di creare problemi alla giunta Bartolazzi.
CONCLUSIONI – Troppo spesso nella storia vengono rivalutati personaggi che non lo meritano o denigrati altri che invece meriterebbero lodi: non è certo mia volontà procedere a giudizi che spero voi lettori vi farete personalmente. Dopo questa lungo resoconto di accuse, difese e contraccuse, la domanda principale da porci e ognuno ha la sua risposta, è: il gruppo Rinaldini era amministratore illuminato o, come contestavano gli avversari, nel migliore dei casi, solo tronfi sperperatori di denaro pubblico? Il Nazareno Bartolazzi era come presentato dai suoi oppositori politici (forse anche personali) e dal Crispi, un pessimo individuo senza onore intento solo a mantenere il potere in tutti i modi per interessi personali?
Ho sempre ritenuto che una seria analisi storica non potesse fermarsi alle risultanze della “cronaca ufficiale” e per quanto possibile dovrebbe cercare di indagare andando più a fondo da ciò che affiora e viene ritenuta la “verità”. E poi in fondo, come disse lo stoico Pilato: “Qual è la verità?”.
Modestino Cacciurri
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9 gennaio 2025