Fondazione Carima, al Lauro Rossi a Macerata in scena la “sostenibilità alimentare”

“Alimentiamo l’ambiente” è il secondo appuntamento promosso dalla Fondazione Carima sul filone della sostenibilità, che ha portato al Teatro Lauro Rossi di Macerata un insieme di relatori di alto profilo per indagare uno degli aspetti più sfidanti di questo tema multidimensionale, vale a dire l’impatto ambientale del sistema alimentare.

Di tutti i sistemi umani che utilizzano le risorse naturali, infatti, quello che impatta maggiormente sull’ambiente è proprio il sistema alimentare, che rappresenta la più grande minaccia per la biodiversità globale e una delle principali cause della crisi climatica. Basti pensare che è responsabile di circa il 40% delle emissioni di gas serra, che il 70% dell’acqua dolce viene usato per l’agricoltura, la quale peraltro è la prima causa di deforestazione mondiale, e che 1/3 del cibo prodotto viene perso o sprecato lungo la filiera. Il cibo, inoltre, è la principale leva in grado di garantire la salute delle persone: si calcola che nel mondo una morte su 5 sia dovuta a un’alimentazione sbagliata. 

Si tratta insomma di un problema complesso che, per essere risolto, richiede strategie che vadano a fronteggiare le tante criticità della produzione, della distribuzione e del consumo. Il settore agroalimentare e i consumatori sono chiamati a ripensare i vecchi paradigmi produttivi e di acquisto. È necessario avviare una transizione verso un’alimentazione sana e sostenibile, che riduca l’impatto sul clima e sulla biodiversità, migliorando nel contempo la salute delle persone. La Fondazione Carima ha inteso dunque proporre spunti di riflessione, suggerimenti operativi e indicazioni pratiche utili sia ai professionisti della filiera agroalimentare, dall’agricoltura alla ristorazione, sia ai cittadini.

Il Presidente Francesco Sabatucci Frisciotti Stendardi, nei saluti istituzionali di apertura, ha per l’appunto dichiarato: «L’obiettivo che ci siamo dati è promuovere dei momenti di confronto e di sensibilizzazione rivolti alle istituzioni del territorio e alla collettività maceratese allo scopo di educarci a migliorare i comportamenti individuali per lasciare alle future generazioni un pianeta prospero».

Giuseppe “Peppone” Calabrese, volto noto del programma Linea Verde di Rai1, ha condotto e moderato con competenza e simpatia la tavola rotonda. Ha esordito ricordando come in passato la sostenibilità venisse già praticata dai nostri avi come forma di responsabilità nei confronti dei propri figli e che oggi per essere sostenibili c’è bisogno di farsi carico del benessere della terra, di mettere in atto buone pratiche e di essere cittadini più consapevoli.

Il primo intervento è stato di Silvio Barbero, co-fondatore di Slow Food e Presidente del comitato scientifico di Filiera Futura, associazione che si occupa di innovazione nel settore agroalimentare cui la Fondazione Carima è associata. Il Professor Barbero ha scattato una fotografia realistica del settore agroalimentare italiano, che si caratterizza per tre elementi importanti: la grandissima biodiversità, la tipicità dei prodotti intesa come forte legame con il territorio e la loro elevata qualità organolettica. Queste caratteristiche sono purtroppo a rischio. A ciò si aggiunge una nuova sfida, che è quella della transizione ecologica. I modelli di produzione e trasformazione del cibo sono tra i principali responsabili della crisi climatica, di cui il sistema agroalimentare è causa e vittima. Bisogna orientare i paradigmi di produzione del cibo verso la sostenibilità: diminuire la chimica, rigenerare i terreni, tornare alla naturalità, recuperare le aree marginali. Il sistema agroalimentare italiano dovrebbe puntare all’ecoqualità, recuperando i saperi tradizionali e facendoli dialogare con la scienza e la tecnologia per creare innovazione rigenerativa. La vera innovazione sostenibile non deve distruggere radici, sapere e conoscenze della cultura contadina.

Il quadro scientifico è stato completato da Franco Fassio, Systemic Food Designer e Professore di Circular Economy for Food dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che ha spiegato come le modalità con cui abbiamo prodotto e consumato il cibo negli ultimi cinquant’anni hanno avuto degli impatti devastanti sugli ecosistemi e sulle società umane. Nel 2024 ad esempio abbiamo iniziato a sovrasfruttare il pianeta a partire dal 19 maggio. Filiere alimentari globalizzate sempre più lunghe, complesse e omologate hanno da tempo reciso molte di quelle relazioni tra unità ecologiche che rendevano la produzione di cibo frutto di un rapporto sano con la natura. In questo scenario, enfatizzare l’esistenza di sistemi interconnessi, di cui l’uomo dovrebbe essere parte integrante non invasiva, ci riporta concretamente a capire che partire dal cibo per sviluppare un cambio di paradigma economico-sociale in chiave circolare vuol dire riportare l’attenzione alle comunità, alla qualità delle relazioni e alla sostanza dei comportamenti. Con questo scopo sono nate le 3C della Circular Economy for Food – Capitale, Ciclicità, Coevoluzione – una cornice culturale dove far nascere innovazione di prodotto e processo, di contenuto e contenitore, di linguaggio e pensiero. È necessario mettere in discussione abitudini consolidate, che sono spesso i più grandi ostacoli alla sostenibilità. Dobbiamo sognare un futuro diverso immaginandoci di virare verso un approccio sistemico e olistico.

Il terzo intervento in programma è stato quello di Giulia Biondi, biologa della nutrizione e divulgatrice scientifica molto attiva off e on line. La dottoressa è partita dalla constatazione che il termine dieta, originariamente sinonimo di stile di vita, è stato nel tempo cambiato di significato, perché mangiare male è diventata la normalità. Ha poi spiegato che le evidenze scientifiche ci dicono che il modello mediterraneo è il migliore e se tutti rispettassimo le frequenze e le quantità degli alimenti che prevede, ridurremmo anche il loro impatto sull’ambiente. Oggi invece siamo “Troppivori”, dunque il vero problema è che mangiamo troppo. Nessun alimento va demonizzato se consumato nelle giuste quantità. Solo attraverso la consapevolezza di ciò che mettiamo in tavola possiamo agire con buon senso e dire basta agli schemi alimentari e a tutti i falsi miti che girano sul cibo. In tal senso l’educazione alimentare è fondamentale per costruire un rapporto sano ed equilibrato con il cibo e prevenire disturbi alimentari e malattie cronico-degenerative, con ricadute anche in termini di sostenibilità ambientale e sociale.

Lo chef Carlo Cracco ha parlato della responsabilità in capo agli chef contemporanei. Una volta un cuoco doveva cucinare bene, oggi invece è chiamato ad assumere dei compiti importanti anche dal punto di vista della sostenibilità. La maggior parte degli chef contemporanei è molto consapevole delle scelte che assume, a partire dalla scelta degli ingredienti. Lo chef Cracco infatti ha raccontato di aver rilevato da qualche anno un’azienda agricola che in un certo senso gli ha cambiato la vita, perché gli ha fatto comprendere la difficoltà di produrre compensata dalla grande soddisfazione di utilizzare prodotti coltivati direttamente. Abbiamo l’onere e l’onore di vivere in un Paese unico che ha una varietà e una ricchezza di colture incredibili ed è nostro il compito di conservarla per il futuro. Non occorre fare miracoli, basta essere rispettosi di quello che abbiamo. Ha poi suggerito una buona pratica da applicare a casa: comprare di meno. Il frigo non va riempito, ma deve contenere il minimo indispensabile per quello serve.

Insomma è tempo di cambiare il nostro approccio al cibo, al clima, alla salute e tutti noi possiamo e dobbiamo contribuire a realizzare questo obiettivo. Fare una spesa ragionata, conservare correttamente gli ingredienti, recuperare gli avanzi, scegliere prodotti a filiera corta, privilegiare alimenti con una bassa impronta ambientale sono scelte che ciascuno di noi può assumere nella propria quotidianità per fare la propria parte. Le azioni personali, incluse quelle alimentari, vanno considerate come componenti strutturali essenziali di una dimensione collettiva del cambiamento verso una società più sostenibile.

24 novembre 2024

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